L'America sceglie il suo nuovo presidente, dopo una campagna elettorale durissima costata la bellezza di 6,6 miliardi di dollari (incluse le spese sostenute durante le primarie). Una battaglia combattuta con ogni mezzo da Hillary Clinton e Donald Trump, senza esclusioni di colpi, tra montagne di fango, polemiche e veleni. I contenuti, le proposte dei due candidati, purtroppo sono finiti in un cono d'ombra. Quasi non contassero poi molto. Invece le idee, tradotte in politica, saranno determinanti: chiunque vincerà sarà chiamato ad affrontare, uno dopo l'altro, i problemi che affliggono gli Stati Uniti. Problemi interni ma, ovviamente, anche di carattere internazionale. Perché l'America è, e resta, una superpotenza in grado di condizionare, con le proprie scelte, il futuro del mondo.
Gli aventi diritti di voto sono 221 milioni di cittadini, 27 milioni dei quali sono afroamericani, oltre 27 milioni ispanici e circa 9 milioni asiatici. Tra tutti coloro che hanno diritto di voto, sono circa 200 milioni quelli che si sono iscritti per esercitarlo in questo Election Day. Nel corso delle elezioni dell'8 novembre, gli elettori sceglieranno i 538 grandi elettori che formano il Collegio elettorale che, a sua volta, elegge il presidente e il vice presidente. I grandi elettori si dividono per i vari Stati a seconda della popolazione e, con l'eccezione di Maine e Nebraska, il candidato più votato in ciascuno Stato ottiene tutti i grandi elettori in palio. Per diventare presidente bisogna raggiungere la fatidica soglia di 270 grandi elettori.
Le caratteristiche del sistema elettorale (elezione indiretta del presidente) determinano quello che può essere definito un paradosso: può diventare presidente il candidato che ha ottenuto meno voti (in numero assoluto) purché prevalga sui "grandi elettori". I candidati mirano alla conquista del maggior numero possibile di Stati, meglio se i più densamente popolati in quanto è più forte il loro peso politico. Proprio per questa ragione i sondaggi nazionali, di cui tutti i giornali del mondo si sono nutriti fino ad ora, lasciano il tempo che trovano. Alla vigilia del voto Hillary Clinton è in vantaggio su Donald Trump. Ma il distacco è calato in termini di grandi elettori. Ed è quest’ultimo - e solo questo - il dato che conta. Secondo RealClearPolitics (il sito che calcola quotidianamente una media ponderata di tutti i sondaggi), Clinton ha portato il vantaggio a 3 punti (47,2% contro 44,2%) rispetto ai soli 1,8 punti di ieri. Ma è scesa da 216 grandi elettori a 203, mentre il rivale repubblicano è a quota 164. Sono invece aumentati - sintomo della grande incertezza - i grandi elettori degli Stati bilico (swing States): sono passati da 158 a 171. E gli stati in bilico sono saliti da 13 a 14. Si è aggiunta la Virginia.
Non ci resta che aspettare per conoscere il nome del nuovo presidente.
Seguite con noi la diretta dell'Election Night. Vi racconteremo ogni dettaglio scoprendo chi vincerà la corsa finale. Una corsa appassionante che interessa non solo l'America ma tutto il mondo.
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