La riforma costituzionale per trasformare la Turchia in repubblica presidenziale, promossa dal presidente Recep Tayyip Erdogan, è stata approvata con il 51,3 %. Senza una maggioranza schiacciante il Partito per la Giustizia e lo sviluppo (Akp), al governo nel Paese, supera dunque il test del referendum sulla riforma costituzionale, mentre a Bruxelles infiamma la polemica contro il Sultano. In Austria, dove tre quarti dei turchi hanno votato a favore, il ministro degli Esteri, il conservatore Sebastian Kurz, ha subito fatto sapere che "la Turchia non può essere un membro" dell'Unione europea e che bisogna farla finita con la "finzione" dei negoziati per l’adesione.
Le modifiche della Costituzione, che potranno garantire al presidente Erdogan di rimanere presidente fino al 2029, sono state sostenute, oltre che dall'Akp, dal Partito del movimento nazionalista (Mhp), mentre il maggiore partito di opposizione, il Partito popolare repubblicano (Chp), si è opposto alla trasformazione della Turchia in repubblica presidenziale così come il Partito democratico dei popoli (Hdp). Tali modifiche entreranno in vigore nel 2019 a meno che non venga sciolto anticipatamente il parlamento. "Non c'è nessuno sconfitto - ha dichiarato il premier Binali Yildrim parlando da Ankara dopo la proclamazione dei risultati - la Turchia ha vinto". Il principale partito di opposizione in Turchia, il kemalista Chp, ha chiesto alla Commissione elettorale suprema (Ysk) di cancellare per sospette irregolarità nel voto l'esito del referendum, mentre Tana de Zulueta, a capo della missione dell'Osce in Turchia, ha già fatto sapere che il voto "non ha rispettato le norme del Consiglio d'Europa" dal momento che non avrebbero dovuto contare "le schede senza timbro".
La riforma prevede l'abolizione della carica di primo ministro, i cui poteri verranno attribuiti al capo dello Stato. Il nuovo presidente potrà assumere tutti i poteri ora riservati al Consiglio dei ministri e avrà la facoltà di emettere decreti su diritti personali e libertà fondamentali. Il presidente sarà eletto direttamente dal popolo, come peraltro è stato deciso in un referendum del 2007, per un massimo di due mandati e avrà il potere di definire linee di politica interna ed estera, promulgare le leggi e di rimandarle alla Grande assemblea nazionale (il parlamento) per considerazioni e consultazioni. Il capo dello Stato potrà nominare e rimuovere vicepresidenti, ministri ed ufficiali di alto livello, incluso il capo di Stato maggiore della Difesa. Sempre al presidente spetterà la nomina di tre membri del Consiglio superiore della magistratura mentre il resto verrà nominato dalla Corte di Cassazione e dal parlamento. Quest'ultimo sarà portato da 550 a 600 membri e saranno eleggibili e quindi candidabili tutte le persone di età superiore ai 18 anni (non più 25). Le elezioni della Grande assemblea nazionale e del presidente si terranno contemporaneamente ogni cinque anni (non più quattro). La riforma prevede inoltre l'abolizione delle corti militari.
Dai Paesi dell'Unione europea, nonostante i mal riusciti tentativi di cautela, è trapelata la preoccupazione per un Paese che si sta trasformando, poco a poco, in un Sultanato islamico. E, se la cancelliera tedesca Angela Merkel si è limitata a invitare Erdogan a "ricercare un dialogo rispettoso con tutti gi attori della politica e della società civile turca", l'Austria ha chiesto di estromettere la Turchia dal processo di annessione alla Ue. Lo stesso ha fatto il presidente della Commissione Affari esteri del Parlamento europeo, il tedesco David McAllister, preoccupato dalla possibile reintroduzione della pena di morte. Il veto è poi condiviso in Italia da diverse formazioni politiche. A raffreddare le criticheè, invece, il Cremlino che invita tutti quanti a "rispettare l'esito del referendum".
Sostenere che il referendum costituzionale non ha risposto agli standard internazionali è "inaccettabile". Le valutazioni iniziali in questione sono il riflesso di un approccio prevenuto e preconcetto". È il commento del ministero degli Esteri turco alle critiche rivolte dagli osservatori dell'Osce riguardo alla consultazione di ieri. Il premier poi ha aggiunto: "Il messaggio del popolo turco è chiaro, dopo il referendum costituzionale che amplia i poteri del presidente, e il voto mette fine a tutte le discussioni in merito".
"Questo Paese ha condotto la più democratica delle elezioni, qualcosa che nessun Paese in occidente ha mai
sperimentato". Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, davanti alla folla festante fuori dal Palazzo presidenziale ad Ankara, ha così rivendicato la correttezza del voto nel referendum di ieri e respinto le accuse dell'Osce.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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