La Libia torna a infiammarsi. Questa notte un bombordamento aereo ha raso al suolo il centro di detenzione di migranti di Tajoura che si trova alla periferia orientale di Tripoli. "La maggior parte delle vittime sono migranti africani", riportano le fonti locali secondo le quali nell'attacco sarebbero morte almeno quaranta persone e ne sarebbero rimaste ferite altre ottanta. Ma si teme che il bilancio delle vittime sia destinato a peggiorare.
Nel centro di detenzione si trovavano in prevalenza migranti provenienti dal Sudan, dall'Eritrea e dalla Somalia. Il governo di unità nazionale del primo ministro Fayez al Sarraj ha accusato le forze della Libian national army (Lna) del generale Khalifa Haftar del raid aereo su Tajoura parlando di attacco "premeditato" e "preciso" e denunciato "il crimine odioso". Accuse che, però, sono state subito rispedite al mittente. Nei giorni scorsi il leader della Cirenaica, che controlla gran parte della Libia orientale e meridionale, aveva tuttavia annunciato "decisivi raid aerei su postazioni selezionate" appartenenti all'esercito del presidente del governo di Accordo Nazionale riconosciuto a livello internazionale (Gna). Non è, infatti, la prima volta che quell'area viene presa di mira dai bombardamenti. Quando all'inizio dello scorso aprile era stata lanciato l'offensiva per prendere la capitale, i raid erano arrivati a colpire un'accademia militare nella periferia di Tripoli e una caserma probabilmente non utilizzata da nessuno che si trova nella zona di Zuara, non lontano dagli impianti petroliferi di Melitah che sono gestiti dalla Libyan Oil Company e dall'Eni.
L'attacco di questa notte ha rimesso al centro del dibattito internazionale la sicurezza della Libia per gli stessi migranti. Il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, che nei giorni scorsi si era già espresso contro il respingimento dei clandestini, ha affermato che quest'ulteriore tragedia mostra "l'atroce impatto della guerra sulla popolazione civile". "Occorre garantire, immediatamente, misure di seria protezione per i civili - ha continuato - e trasferire i migranti che si trovano nelle strutture di raccolta in luoghi al sicuro dai combattimenti e sotto la tutela delle Nazioni Unite".
"I civili non devono mai essere un obiettivo", ha fatto eco l'Unhcr, l'Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati, spiegando che nei trovano nei centri di detenzione vicini alla zona dei combattimenti si sono circa 3.500 i migranti e che tutti questi sono a rischio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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