Non solo Isis. Adesso anche l'Arabia Saudita uccide i propri cittadini col più barbaro dei metodi d'esecuzione: la crocifissione.
Lo Stato arabo ha rigettato infatti l'appello finale del giovane Ali Mohammed Al-Nimr, arrestato a diciassette anni nel 2012 per proteste illegali e illegale possesso di armi da fuoco. Dopo anni di lungaggini giudiziari, i suoi difensori erano riusciti a far sospendere l'esecuzione della sentenza, inizialmente prevista per il 27 maggio dello scorso anno.
Ora però che l'appello è stato esaminato e giudicato in segreto non c'è nulla da fare.
Maya Foa, direttore del dipartimento sulla pena di morte presso la ong Reprieve ha protestato ricordando che si tratta di una condanna che vìola il diritto internazionale e le più elementari norme di civiltà: "Nessuno dovrebbe vivere l'ordalìa di Ali - ribadisce - Tortura, confessioni estorte con la forza, un processo segreto ed ingiusto, conclusosi con una condanna a morte per crocifissione."A nulla, però, sembrano valere le proteste della comunità internazionale: duemila anni di storia non sono valsi ad insegnare agli uomini come condannare la barbarie.
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