La gestione dei flussi migratori e della crisi degli sbarchi di clandestini passa attraverso i soldi. Che l'Unione europea non ha. Le risorse comunitarie stanziate dagli Stati membri nel 2013, quando si dovette stabilire il bilancio pluriennale dell'Ue per il periodo 2014-2020, tenevano conto di una situazione non emergenziale. Adesso i vertici di Bruxelles stanno valutando l'ipotesi di chiedere nuovi fondi per avere la certezza di poter sostenere le spese per le politiche di gestioned dei flussi.
Nella cassa comune l'Ue ha i 9,26 miliardi di euro che ricadono sotto la voce di spesa "sicurezza e cittadinanza". Di questi il 33,5% (pari a 3,1 miliardi) è destinato al Fondo asilo, migrazione e integrazione (Amif), il 41% (pari a 3,8 miliardi) è destinato al Fondo per la sicurezza interna (Isf) e il restante 25,5% (pari a 2,36 miliardi) è messo a disposizione di Frontex (Agenzia per gestione delle frontiere esterne), Easo (l'ufficio europeo di sostegno per l'asilo) ed Europol (l'ufficio di polizia europeo). Nel corso degli ultimi mesi, però, la situazione è precipitata. La crisi migratoria, con l'elevato numero di sbarchi in Europa, ha costretto a modificare e potenziare Frontex, trasformata nel nuovo corpo di guardia costiera e di frontiera europea, per il cui funzionamento saranno richieste nuove risorse.
Alcuni aggiustamenti sono stati fatti a saldo zero, con spostamenti di risorse da una voce spesa del bilancio comunitario all'altra. Altri incrementi di risorse si cercano attraverso la costituzione di strumenti finanziari ad hoc quali i trust fund, fondi fiduciari istituti in particolare per Africa e Siria. Qui però sono i governi nazionali a dover mettere le risorse, cosa che avviene a rilento. Allo stato attuale mancano 1,7 miliardi di euro nel trust fund africano e 266 milioni in quello per la Siria. Senza contare i 136 milioni ancora che non sono ancora pervenuti per tenere fede agli impegni di sostegno alla Turchia (3 miliardi) nell'ambito dell'accordo bilaterale per la gestione dei migranti.
Al di là degli strumenti collatarali al bilancio settennale dell'Ue, a Bruxelles è ormai convinzione diffusa che da qui al 2020 le risorse stanziate dal bilancio 2014-2020 per la gestione migranti dovranno essere incrementate. Non sarà facile, visto anche il processo di uscita dall'Ue del Regno Unito, che inciderà nelle decisioni di bilancio. In caso di impossibilità di revisione di spesa o di incremento per minori contributi o veti legati al disimpegno britannico, dovranno essere gli Stati a spendere a livello nazionale. Il patto di stabilità e l'elevato indebitamento di alcuni Paesi membri non renderanno scontata né semplice la messa a disposizione di nuove risorse. Senza contare l'ascesa dei partiti di estrema destra in Europa, contrari all'idea di spendere per gli immigrati.
Per l'Ue si pone quindi il problema delle risorse, e cruciali in tal senso saranno i prossimi mesi, durante i quali, approfittando anche della revisione di medio termine del bilancio comunitario, si potranno riconsiderare le politiche di spesa per l'immigrazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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