Intervista a Karen Mirzoyan, ministro degli Esteri del Nagorno Karabakh, stato nato dalla secessione di territori a maggioranza cristiano armena dall'Azerbaijan sciita. Tuttavia, la ragione non era religiosa, bensì la ricerca dell'autodeterminazione dell'Nagorno Karabakh. La nascita dello stato, non riconosciuto dalla comunità internazionale, causò una guerra di tre anni tra l'Azerbaijan e il Nagorno Karabakh, con il coinvolgimento dell’Armenia a sostegno di quest’ultima dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica. Nonostante una tregua che dura da più di vent'anni le schermaglie alla frontiera continuano e non si è trovato un accordo internazionale per uscire fuori dal limbo in cui il paesi si trova.
Quale è la situazione odierna in Nagorno Karabakh?
"Il paese per gli europei può sembrare un posto molto lontano che appare sui giornali solamente come una terra in guerra, ma il conflitto non è nostro vivere quotidiano. Siamo una piccola nazione montagnosa che combatte per la propria esistenza e per il proprio sviluppo. All'inizio, negli ultimi anni dell’URSS, il movimento indipendentista nacque per un'esigenza di maggiore democrazia e libertà e negli anni abbiamo continuato in questo percorso. Per esempio, tutte le elezioni degli ultimi anni sono state considerate democratiche dalle organizzazioni internazionali che le hanno osservate. Dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica tutti i paesi ex comunisti hanno avuto gli stessi problemi a seguito del crollo economico, noi, come se non bastasse, abbiamo avuto la guerra che ha distrutto tutto. Ricostruire il paese è stata una sfida enorme. Ma nonostante tutte le sfide che abbiamo ancora, il paese ha visto un notevole sviluppo economico e delle istituzioni democratiche. Pur non avendo relazioni formali con l'Europa siamo influenzati da essa. Abbiamo contatti stretti con i paesi europei e il parlamento europeo, per uno scambio proficuo. Per altro, alcuni partiti locali hanno rapporti diretti con partiti politici europei. Per esempio il Partito Democratico del Nagorno Karabakh ha aderito all'European Free Alliance. Non lo facciamo per diventare europei, perché già pensiamo di esserlo".
Quale è l'identità del popolo Armeno? Sono europei, sono cristiani asiatici del Caucaso o sono un popolo al confine tra il mondo europeo e l'Asia?
"Prima di tutto siamo armeni, io credo che sia artificiale chiedere se siamo europei o no. Non è il passaporto che rende europei, ma aver partecipato ad una storia comune. Alcuni dicono che l'Europa finisce in Karabakh, ma è nel Karabakh che inizia l’Europa".
Dire che il Karabakh sia Europa non rischia di favorire la propaganda azera che sostiene che l'Armenia sia solamente ospite in Caucaso?
"Tutta la storia armena è intrecciata con l'Europa. Questo non implica necessariamente adesione all'Unione Europea. Perché noi siamo europei, dell’Europa dei popoli, lo siamo in modo diverso, non necessariamente formale".
Come procedono le trattative di pace con l'Azerbaijan?
"Il nostro obiettivo principale è risolvere il conflitto con l'Azerbaijan. Per ora purtroppo non ci sono svolte positive. Molti criticano il Gruppo di Minsk dell'Osce, che col mandato della Comunità Internazionale porta avanti i contatti tra noi e gli azeri, sostenendo che non è ancora riuscito a risolvere il conflitto. Il governo del Karabakh non condivide le critiche in merito all’operato dei co- presidenti (USA, Francia e Fed. Russa) del Gruppo di Minsk. Il punto è che l'Azerbaijan è impegnato in un’escalation della situazione. Ci sono continuamente scontri con cecchini alla frontiera e la propaganda contro gli armeni sta diventando il collante della politica interna azera. Penso che sia imperativo che il Gruppo di Minsk ottenga dall'Azerbaijan la messa in atto di misure tese alla creazione di fiducia reciproca".
Molte persone pensano che l'Azerbaijan abbia più interesse ad alzare il tiro
"Mi verrebbe da citare Shakespeare, quando scriveva: “C'è qualcosa di marcio nel Regno di Danimarca ”. E' tipico dei regimi totalitari tentare di sopravvivere creando un nemico esterno".
Cosa chiedete al gruppo di Minsk?
"Noi vogliamo il ritorno della negoziazione diretta con l’Azerbaijan. All'inizio del conflitto vi erano molti contatti diretti. Per esempio, la tregua che è ancora in vigore è stata ottenuta così. Ogni soluzione deve però tenere conto della realtà sul terreno. Sono passati più di vent'anni dalla fine della guerra. Tantissimi giovani sono nati dopo e non sono mai stati cittadini dell'Azerbaijan. Se si vuole la pace non si può prescindere dall'opinione di questi ragazzi che cercano maggiore libertà e di certo non vorrebbero finire sotto uno stato dittatoriale e liberticida che pratica l’armenofobia".
L'Azerbaijan sta cercando di creare qualche incidente per ricominciare la guerra?
"Ogni volta che c'è un vertice negoziale importante si può stare sicuri che promuoveranno attacchi lungo la linea di contatto tentando di dimostrare che non c'è altra soluzione se non una nuova guerra. Le forze armate del Karabakh sono pronte a qualsiasi eventualità nella difesa dello Stato, ma ci siamo già passati attraverso un conflitto devastante e siamo consapevoli che la guerra è distruttiva per tutti, anche per chi vince. Quindi, al contrario dell'Azerbaijan non provochiamo scontri. Siamo impegnati per una soluzione pacifica".
In cambio di un riconoscimento internazionale sareste disposti ad una modifica dei confini?
"Per la Costituzione del Nagorno Karabakh tutti i territori sotto il nostro controllo fanno parte del territorio nazionale allo stesso modo. Le questioni inerenti ai territori possono essere trattate solamente in un quadro che prenda in considerazione il ripristino di giustizia storica, gli assetti di sicurezza e le realtà sul campo".
Cosa vi chiede il gruppo di Minsk?
"Noi abbiamo con loro un rapporto molto franco. Conoscono molto bene non solamente le posizioni del governo, ma anche quelle della popolazione. Tutte le nostre carte sono sul tavolo e siamo pronti a discutere in modo chiaro e onesto, senza però rinunciare alle nostre convinzioni".
Sareste disposti a un programma di risarcimenti collettivi per i profughi che hanno perso le proprietà? O a considerare una possibile minoranza azera se il Nagorno Karabakh fosse riconosciuto dalla comunità internazionale?
"Tutto può essere discusso se si hanno negoziazioni diretti. L’Azerbaijan si rifiuta di negoziare con noi, negozia, per modo di dire, con l’Armenia. Ci sono stati rifugiati da entrambe le parti. Quelli arrivati qui non hanno avuto alcun aiuto internazionale se non da parte degli armeni della Repubblica d’Armenia e della Diaspora. E' un problema umanitario figlio della guerra. Non si possono risolvere le conseguenze di un conflitto se prima non si risolvono le ragioni scatenanti dello stesso".
Gli investitori investono in Nagorno o hanno paura di possibili ritorsioni azere?
"Sì, ci sono per fortuna un buon numero di investimenti esteri, anche se la maggioranza provengono dalla diaspora armena. Ci sono però anche investitori stranieri che sono perfettamente informati dei problemi che potrebbero sorgere con l'Azerbaijan e non si spaventano. Vengono attratti dalle leggi molto liberali. Esistono parecchi investimenti nel settore energetico, minerario e dell’information technology. Anche il turismo è in grande crescita".
Arrivano profughi dalla Siria?
"Non arrivano solamente profughi da aree di crisi, ma anche tanti europei che amano queste terre. Certamente alcuni armeni siriani sono arrivati qui a seguito della guerra, non si tratta di numeri considerevoli. Non possiamo dargli tutto quello di cui necessitano, ma provenendo di solito da zone rurali della Siria ed, essendo dei bravi agricoltori, gli diamo della terra . E' una questione umanitaria, lo faremmo anche con altri rifugiati".
In futuro immaginate una possibile fusione con l'Armenia?
"Abbiamo votato in passato per la nostra indipendenza durante l’agonia dell’URSS così come lo fece l'Azerbaijan sovietico quando dichiarò l'indipendenza dall'URSS. Ogni status verrà deciso dal voto democratico dei nostri cittadini. In questo momento siamo contenti dello stato attuale, in futuro decideranno i cittadini".
Come descriverebbe il suo paese?
"Siamo un paese normale dove la vita scorre pacifica. Vi è una natura bellissima e buone opportunità di business. La nostra ricchezza maggiore sono i nostri cittadini che non sono poi così differenti dagli italiani. La guerra non è al centro del pensiero delle persone, lo è la vita di tutti giorni".
Cosa direbbe agli azeri che leggessero questo articolo?
"Che credo che la storia della nostra esistenza comune non sia stata solamente una storia di guerra, ma anche una storia di convivenza pacifica. Oggi ci sono tutte le possibilità di collaborare e convivere con due stati indipendenti e pacifici".
Avete dei piani per restaurare il patrimonio culturale azero in Nagorno Karabakh?
"Assolutamente sì, noi al contrario degli azeri che hanno distrutto il più importante cimitero medioevale armeno a Julfa in Nakhchivan, non abbiamo mai distrutto monumenti azeri. Al massimo non abbiamo i fondi necessari per restaurare i danni che hanno subito dalla guerra, ma stiamo facendo il possibile per tenerli in piedi. Per la loro salvaguardia stiamo cercando finanziamenti, anche da paesi musulmani".
Riceviamo e pubblichiamo:
Spett.le Direttore,
scriviamo questa lettera in risposta all'articolo a firma di Luca Fortis del 3 luglio 2015, che riporta un'intervista a Karen Mirzoyan, "Ministro degli Esteri" del Nagomo-Karabakh.
Siamo costretti a rammentare che non esiste nessuna entita statale del Nagomo Karabakh. Il Sig. Karen Mirzoyan si presenta come "Ministro degli Esteri" di un'entita che è nata illegalmente sui territori dell'Azerbaigian. Questo autoproclamato regime separatista armato è stato fondato nei territori dell'Azerbaigian occupati dalle forze militari dell' Armenia da oltre 20 anni. Come è noto, tale regime non è riconosciuto da alcun paese, compresa I'Armenia stessa. L'Armenia, e chi contribuisce a presentare internazionalmente il Nagorno Karabakh, forse ignora Ie quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, n. 822, 853, 874 e 884 del 1993, che invocano il ritiro delle forze armate armene dai territori occupati, cosi come altri documenti dell' Assemblea Generale delle Nazioni Unite, del Consiglio d'Europa, dell'Unione Europea. Ultima in ordine di tempo, la decisione del 16 giugno 2015 della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo suI caso "Chiragov and others v. Armenia" (Ricorso n . 13216/05 ) nella quale la Corte si e pronunciata a favore di sei cittadini azerbaigiani forzatamente allontanati dal distretto di Lachin dell'Azerbaigian durante I' aggressione armena -sentenza che pone efficacemente fine alla negazione persistente dell'Armenia della sua responsabilità nell'occupazione illegale e nella presenza militare nei territori dell' Azerbaigian. Per entrare nel merito delle falsità dichiarate nel Vostro articolo dal Sig. Mirzoyan, siamo costretti a sottolineare quanto segue:
- Si parla di una guerra "con il coinvolgimento dell' Armenia a sostegno del Nagorno-Karabakh". Questa sembrerebbe un'espressione estremamente soft per nascondere il fatto che si tratti di una vera e propria aggressione da parte delle forze armate dell'Armenia contro l'Azerbaigian, come i documenti internazionali, tra cui le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, hanno evidenziato.
- L'intervistato si riferisce al Nagorno-Karabakh come ad "una piccola nazione". Occorre ricordare che gli armeni che vivono nella regione non sono "una nazione" , ma un gruppo etnico come i tanti altri presenti in Azerbaigian. Sono parte del popolo armeno che ha già in passato fatto uso del diritto all'autodeterminazione che ha portato alIa creazione dell'Armenia stessa. Il rappresentante dei separatisti dimentica di spiegare all'autore dell'articolo dove siano oggi i 50.000 azerbaigiani che vivevano in Nagorno-Karabakh, e dove siano i 700.000 azerbaigiani che vivevano nelle sette regioni circostanti occupate dall' Armenia. Mentre chi afferma che questo territorio fosse abitato solo da armeni.
- Quando nell' articolo si fa riferimento al Gruppo di Minsk "che con il mandato della Comunità Inteernazionale porta avanti i contatti tra noi e gli azeri" si contraddice il mandato ufficiale del Gruppo di Minsk dell'Osce che definisce Armenia e Azerbaigian come parti del processo di negoziato e Ie comunità armene ed azerbaigiane del Nagorno-Karabakh come parti interessate. Non ci sarà mai nessun negoziato tra separatisti armeni ed Azerbaigian.
- L'articolo parla della necessita' di creare "fiducia reciproca". L'Azerbaigian ripete da sempre che l'unico modo per creare fiducia sia portare i soldati armeni fuori dai territori dell' Azerbaigian occupati. Questa è la sola condizione per una soluzione pacific del conflitto.
- Condividiamo che "ogni soluzione debba tener conto della realtà sul terreno", e questa realta' è l'occupazione dei territori azerbaigiani in violazione della nonnativa intemazionale. Cio' e' stato fatto con l'uso della forza e per cambiare questa situazione l' Azerbaigian si riserva il diritto di usare la forza, come previsto dal diritto intemazionale in caso di fallimento dei negoziati.
- L'articolo fa riferimento al fatto che in Nagorno-Karabakh "non arrivano solamente profughi da aree di crisi, ma anche tanti europei...". La realtà e' ben diversa: la popolazione armena nella regione sta lasciando queste terre perche', a causa dell'occupazione, prive di prospettiva di sviluppo. Per questo l'Armenia tenta
di organizzare un ripopolamento di armeni dall'Iraq, Syria e altri paesi, in violazione della Convenzione di Ginevra. Questa situazione e' stata documentata dalla missione OSCE che ha visitato queste terre.
- Importante sottolineare che tutti i monumenti azerbaigiani sui territori occupati sono stati distrutti: storici, religiosi, culturali, inclusi cimiteri, al fine di eliminare Ie tracce della presenza azerbaigiana nel Nagorno-Karabakh, Regione dell' Azerbaigian. Il danno complessivo e' superiore ai 60 miliardi di USD.
Vorrernrno sottolineare ancora che la Repubblica dell' Azerbaigian continua ad auspicare una soluzione pacifica del conflitto, rna questa non potra rnai prescindere dal ritiro dell' Armenia dai territori dell' Azerbaigian sotto occupazione e dal ritomo aIle proprie case del rnilione di profughi e rifugiati azerbaigiani che tale occupazione ha causato. Restando a disposizione per ulteriori informazioni, e chiedendo la pubblicazione di questa nostra nota,
Cordialmente,
Arnbasciatore Vaqif Sadiqov
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