Il patto internazionale sui migranti e sui loro diritti (Global compact on migration), raggiunto alle Nazioni Unite nel settembre 2016, vede una pesante defezione: è quella degli Stati Uniti. La Casa Bianca, infatti, ha deciso di fare un passo indietro perché ritiene che la propria politica su migranti e rifugiati non sia compatibile con il patto. L'amministrazione Usa rivendica il diritto di decidere in piena autonomia criteri e logiche per consentire l'ingresso agli stranieri. Sono questi i motivi dell'abbandono degli Stati Uniti, come reso noto dall'ambasciatrice americana all'Onu, Nikki Haley: "Le nostre decisioni sull’immigrazione devono essere sempre prese dagli americani e solo dagli americani".
Ma cosa si proponeva la "Dichiarazione di New York"? Migliorare la gestione delle politiche migratorie. Sottoscritta appena un anno fa da 193 Paesi, andava sempre più stretta alla Casa Bianca, che così ha deciso di chiamarsi fuori: "Saremo noi a decidere come meglio controllare i nostri confini e chi sarà autorizzato a entrare nel nostro paese - spiega la Haley -. L’approccio globale della Dichiarazione di New York non è semplicemente compatibile con la sovranità americana". Accusata di isolazionismo, l'amministrazione Trump conferma di voler applicare quanto promesso dal tycoon in campagna elettorale.
"Il presidente Trump - - ha continuato Haley - ha deciso di interrompere la partecipazione degli Stati Uniti nella preparazione del Patto che punta a ottenere il consenso dell’Onu nel 2018.
Gli Stati Uniti sono orgogliosi della loro eredità in materia di immigrazione e della loro leadership nell’appoggio di popolazioni di migranti e rifugiati in tutto il mondo ma la Dichiarazione di New York è incompatibile con la politica statunitense".
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