C’è il rischio che barconi pieni di terroristi arrivino sulle coste italiane. A lanciare l'allarme è il giornale britannico Daily Telegraph: i terroristi vogliono infiltrarsi tra i migranti. Poi la tesi viene rilanciata dall’ambasciatore d’Egitto a Londra, Nasser Kamel. Il diplomatico sottolinea che è necessario agire il più in fretta possibile per fermare l’avanzata dell’Isis in Libia. "Sirte - ha aggiunto - è a soli trecento chilometri dall’Italia". Ma le fonti di sicurezza italiane minimizzano e parlano di un’ipotesi di scuola, peraltro da tempo nota all'intelligence. Tra le migliaia di persone sbarcate in Italia, infatti, in molti provengono da aree di conflitto come Siria, Iraq, Somalia. E, fra tanti in fuga da guerre, persecuzioni e povertà, potrebbe trovarsi qualcuno indottrinato alla jihad e che arriva nel nostro Paese con intenzioni ostili, non solo contro di noi ma contro tutto l'Occidente. Fino ad ora, però, non ci sarebbero conferme. Tra l'altro le stesse fonti di sicurezza sottolineano che gli ultimi attentati avvenuti in Europa, da Parigi a Copenaghen, sono stati portati a termine da cittadini con passaporto europeo, non da immigrati.
L’ambasciatore egiziano ha anche criticato la Gran Bretagna e gli altri Paesi che sono intervenuti militarmente nel 2011 per spodestare Gheddafi. Intervento avvenuto senza assicurare la transizione della Libia dalla dittatura a uno Stato legittimo. "Avremmo dovuto fare di più e l’Onu doveva essere più coinvolta", ha aggiunto Kamel, suggerendo di togliere l’embargo di armi al governo libico per aiutarlo a combattere l’Isis.
L’avanzata dell’Isis in Libia e l’escalation di sbarchi degli ultimi giorni pone comunque nuovi interrogativi. Il presidente del Copasir, Giacomo Stucchi, ieri aveva parlato di "rischio concreto" che "possibili terroristi, anche non coordinati tra loro, si nascondano sui barconi in partenza. "Certo - aveva aggiunto - fino ad ora, vista la situazione delicata, ogni soggetto che arriva viene controllato in modo approfondito. Mi chiedo però, con molta preoccupazione, come si possano garantire controlli adeguati nel caso di arrivi in massa, magari 10.000 in un giorno".
Vediamo cosa ha scritto il Daily Telegraph, citando un esponente della propaganda jihadista che si fa chiamare Abu Arhim al-Libim: su diversi siti Internet e sui social network ha descritto più volte la Libia come un Paese dall’enorme potenziale per lo Stato Islamico. In una delle comunicazioni (email?) di cui il quotidiano è venuto in possesso il propagandista afferma che "Libia ha una lunga costa e si affaccia proprio di fronte agli stati dei crociati, che possono essere raggiunti facilmente anche con imbarcazioni rudimentali". Ancora, nei suoi ragionamenti esposti su Twitter e su siti del sottobosco islamista con profili sempre diversi (il social network avrebbe provveduto più volte a bloccarlo, scrive il Telegraph), l’ancora sconosciuto affiliato all’Isis ha scritto più volte che "l’immigrazione illegale dovrebbe essere sfruttata e sviluppata in modo strategico, così il pandemonio potrebbe essere causato nei Paesi europei meridionali ed è anche possibile che le navi civili e commerciali dei crociati possano essere attaccate".
Il Telegraph ha anche aggiunto che i suoi diversi profili sui social network, sempre nuovi, in poche ore vengono seguiti da diverse migliaia di follower, "e questo è tipico dei profili degli uomini dello Stato Islamico". Il Telegraph ammette tuttavia di non essere riuscito a risalire alla reale identità del propagandista.
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