Si mosse verso il palco, salendo uno alla volta i gradini, mentre una folla eccitata esplodeva in un applauso sentito. Vestito di una giacca rossa, formale tanto quanto insolente, sistemò lo sgabello, spostandolo un po' verso sinistra, mentre una donna elegantemente vestita prendeva posto accanto al pianoforte.
Gli occhi coperti da un paio di occhiali scuri, il pianista cieco toccò i tasti e le due voci si alzarono, quasi all'unisono, impegnate in uno scambio dai toni allegri. Era il 1987. Ray Charles, acclamata leggenda della musica nera, stava per ricevere un Grammy alla carriera, a suggello di un percorso straordinario. A duettare con lui c'era Dionne Warwick. Ma la loro canzone, Baby, It's Cold Outside, aveva una storia già di successo.
Quasi quarant'anni prima Frank Loesser, un librettista con alle spalle un buon numero di colonne sonore per il cinema, sollevava la statuetta che sanciva il successo della canzone, che accompagnava La figlia di Nettuno, una pellicola della MGM che solo negli Stati Uniti avrebbe incassato 3.500.000 dollari. Quell'intricato duetto era stato composto nel 1944, un divertissement che Loesser amava mettere in scena insieme alla moglie, Lynn Garland, per allietare i loro party losangelini.
Lynn non fu troppo contenta quando Frank decise di vendere agli Studios quel brano, che sarebbe diventato uno standard noto a tutti; cantato da tutti, specie a Natale, da Ray Charles a Bill Murray. Un gran classico che a un pedagogista egiziano in trasferta in America, destinato a una triste fama, avrebbe fatto ben altra impressione, divenendo per lui uno dei simboli di una società occidentale ritenuta decadente, "primitiva nelle emozioni, nei sentimenti e nei comportamenti".
Una nave dall'Egitto
Alcuni mesi prima che Loesser sollevasse quell'Academy per il "miglior brano originale" un transatlantico si staccava dal molo di Alessandria. Tra i passeggeri un uomo che si stava lasciando alle spalle un Egitto impegnato in uno scontro che i Paesi arabi avrebbero consegnato alla storia come "La catastrofe".
Nel novembre 1948 gli Stati mediorientali erano impegnati in una guerra contro uno Stato d'Israele da poco indipendente e inviso ai suoi vicini di casa. In una cabina della nave che lasciava la costa del Mediterraneo c'era uno scrittore e pedagogista sulla quarantina.
Sayyid Qutb, così si chiamava, partiva un po' per studiare i moderni metodi d'insegnamento occidentali, inviato dal ministero dell'Educazione, e un po' perché amici potenti, tra i quali il primo ministro Mahmud al-Nuqrashi, lo volevano il più lontano possibile dalla corte di re Faruq, a cui le critiche non troppe velate di Qutb cominciavano a risultare indigeste.
Originario dell'Alto Egitto, appassionato di letteratura e noto come critico, Qutb arrivò negli Stati Uniti risentito dall'appoggio che il presidente Truman aveva dato alla causa di Israele e già piuttosto sospettoso della società in cui avrebbe trascorso un paio d'anni, frequentandone i college e raccogliendo osservazioni che avrebbe pubblicato al suo ritorno.
Armato di un paio di baffetti a spazzola e di un fermo anti-comunismo, altrettanto poco amante del materialismo occidentale, iniziò da New York la sua avventura in un'America a cui si rivolgevano - scriverà - "le aspirazioni di persone di ogni razza e colore, religione e orientamento politico", Paese di "fabbriche grandiose che non hanno eguali nel mondo civile", ma in cui temeva non ci fosse "proporzione fra la grandezza della civiltà materiale e la grandezza dell''uomo' che a questa civiltà dà vita".
Dalla Grande Mela all'Ovest
Lo scontro con la città, per Qutb non fu da nulla. Originario di un piccolo villaggio dell'Egitto rurale, aveva ricevuto un'educazione secolare, ma conosceva alla perfezione il Corano fin da tenera età. Scuro di pelle, arrivava in un'America in cui la popolazione nera era ancora discriminata. A New York sentiva la solitudine e tutta la distanza dal suo Paese di origine. Non vi rimase a lungo.
Dalla Grande Mela si spostò a Washington, e poi nel Colorado, dove arrivò nel 1949, avendo pubblicato nel frattempo un testo di carattere religioso, La giustizia sociale nell'Islam. Un libro "politicamente moderato - scriverà lo studioso italiano Massimo Campanini - [che si incentrava] sulla riforma della società e dei costumi". Idee che non avrebbe mantenuto a lungo, "radicalizzando progressivamente le sue posizioni" e riscrivendo negli anni quelle pagine.
Il pedagogista egiziano iniziò a frequentare lo State College of Education, una delle prime incarnazioni della University of Northern Colorado, e si stabilì a Greeley, una comunità relativamente piccola, dove durante la guerra erano stati spediti un centinaio di prigionieri di guerra italiani. Religiosa e "pulita", era molto più simile a lui di quanto non lo fossero il caos metropolitano di New York o della capitale.
C'erano più di cinquanta chiese a Greeley - scriverà Lawrence Wright in Le altissime torri, volume su come al-Qaida arrivò all'11 settembre -. "Nessun popolo ama costruire chiese più degli americani", sentenzierà Qutb. E lì si ritrovavano spesso anche gli studenti musulmani, specialmente nel weekend, quando la facoltà era chiusa.
Il ballo dello scandalo
"Una sera mi trovavo in una chiesa a Greeley, in Colorado. […] Al termine della funzione religiosa in chiesa, i ragazzi e le ragazze iniziarono a cantare, mentre gli altri pregavano. Siamo quindi passati alla sala da ballo che era direttamente collegata alla chiesa". È Sayyid Qutb a raccontare, in un brano di un'opera (L’America che ho visto) che pubblicò in tre puntate nel 1951, ormai rientrato in Egitto.
"La pista da ballo era illuminata con luci gialle e blu e qualche lampada bianca. Ballavano al ritmo della musica del grammofono e la pista era battuta dai piedi danzanti. Braccia avvinghiate attorno alla vita, labbra unite a labbra, petti contro petti". Accanto alle panche dalle quali i fedeli alzano le loro invocazioni, Qutb descrive una situazione lasciva, che tutto è tranne che spirituale, un consesso carico di lussuria. Una a una, il pastore spegne le luci bianche, che "disturbavano l’atmosfera calda e romantica". Si avvicina poi al grammofono, spulciando tra i dischi. "Scelse […] la famosa canzone americana dal titolo Baby, It's Cold Outside".
Quell'estate La figlia di Nettuno era approdato nei cinema, con il duetto composto da Frank Loesser, lo scambio sbarazzino tra un uomo e una donna reduci da un appuntamento serale, interpretato da Ricardo Montalban ed Esther Williams. "Fa freddo, là fuori", canta lui, per convincere la ragazza a restare a casa sua. Lei si ritrae ("Davvero, non posso"). E a lui che insiste ribatte: "Mia madre si starà già preoccupando". Per poi scegliere di rimanere, lasciando i vicini a pensar male di lei. Mentre le voci di Esther e Ricardo si intrecciano nella tromba del grammofono, il pastore abbandona la sala da ballo. "Se ne tornò a casa - scrive Sayyid Qutb - , lasciando i ragazzi e le ragazze a godersi pienamente la serata (innocente?)".
L’esperienza di quella sera, e molte altre che sono descritte in L’America che ho visto, contribuirono a rafforzare nel pedagogista egiziano l’impressione che l’Occidente avesse smarrito la via. Tecnologicamente progredito, ma primitivo e grossolano. Istruito, ma comunque superficiale. Materialista all’eccesso. Per nulla religioso. Ignorante. Con queste idee in testa qualche mese dopo lasciò l’America.
Le pietre miliari
Sayyd Qutb era partito da Alessandria in un momento drammatico. Tornava in Egitto, nell'estate del 1950, in una situazione altrettanto complicata. Mentre l’esercito finiva sconfitto nella guerra contro Israele, l'organizzazione islamista dei Fratelli musulmani macinava consensi. Intanto un militare di una decina d'anni più giovane di Qutb, Gamal abd al-Nasser, iniziava a riflettere sul futuro del suo Paese.
"Ciò che sta accadendo in Palestina non è che una miniatura di ciò che sta accadendo in Egitto - scriverà Nasser nel suo La filosofia della rivoluzione - Anche la nostra Madrepatria è assediata dalle difficoltà e devastata da un nemico". Da lì a due anni, insieme a un manipolo di ufficiali, avrebbe abbattuto la monarchia, messo re Faruq su una nave verso Italia e cambiato con la "Rivoluzione di luglio" la storia contemporanea dell’Egitto.
Qutb era tornato a lavorare per il ministero dell'Educazione, per poi abbandonarlo e diventare un personaggio di spicco tra i Fratelli Musulmani. Con la loro e sua complicità, Nasser aveva organizzato il colpo di mano, ma nel 1954 lo sbatté in prigione. Quando poi un membro del gruppo tentò di ucciderlo ad Alessandria, la risposta fu immediata. Di lì a poco le carceri strabordavano di islamisti. Fu in cella che Qutb "completò" la sua radicalizzazione. In prigione scrisse un monumentale commentario, All’ombra del Corano e il manifesto Pietre miliari, forse la sua opera più nota in Occidente. Nel 1966 fu impiccato.
La morte di Sayyid Qutb in nulla scalfì la popolarità delle sue idee. Convinto che il mondo fosse precipitato in uno "stato d’ignoranza", tornando alla situazione precedente all’avvento dell’Islam, Qutb chiamava i fedeli a lottare per la creazione di uno Stato islamico. La sua opera è considerata tra le più influenti nel panorama islamista del XX secolo. Il suo riferimento a una "avanguardia" di illuminati, ripreso dalla retorica marxista, influenzò molti. Ad oggi è considerato come l’ispiratore di al-Qaida e del moderno fondamentalismo.
* L'America che ho visto è tradotta integralmente in italiano da Davide Tacchini in Radicalismo islamico. Con il diario del soggiorno americano di Sayyid Qutb (ObarraO, 2015)
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