Hard Brexit addio. Avendo perso la sua scommessa elettorale, Theresa May si troverà a guidare un governo debole e condizionato dalla probabile alleanza con l`esigua ma decisiva pattuglia degli unionisti nordirlandesi.
Ciò significa che, nei negoziati con Bruxelles sulle condizioni di uscita del Regno Unito dalla Ue, sarà costretta a rinunciare alle posizioni dure (la «hard Brexit» appunto) che aveva minacciato e dovrà rassegnarsi a una «soft Brexit». Vediamo nel dettaglio cosa questo potrà implicare riguardo ad alcuni temi che interessano anche gli italiani.
- I CONTRIBUTI A BRUXELLES
Rottura più improbabile nei colloqui sui fondi Ue
Avendo deciso di lasciare l'Ue, Londra non sborserà più la sua quota annuale di contributi all'Europa. Nei negoziati con Bruxelles, il prossimo governo britannico dovrà usare toni più morbidi di quelli minacciati dalla May prima del voto di giovedì scorso. La Commissione Europea intende presentare a Londra un conto tra i 60 e i 100 miliardi di euro per i mancati versamenti, che tra l'altro andranno redistribuiti tra i 27 Paesi superstiti dell`Ue andando ad appesantire le loro contribuzioni. Se prima la May minacciava di battere i pugni sul tavolo e di abbandonarlo se insoddisfatta (secondo il principio «meglio nessun accordo che un cattivo accordo»), adesso è prevedibile un negoziato più morbido, con l'obiettivo di un ragionevole compromesso.
- AZIENDE E SCAMBI
Si allontana il pericolo di guerra commerciale
La «hard Brexit» prefigurata da Theresa May implicava un rischio concreto di guerra commerciale tra il Regno Unito e i Ventisette. In mancanza di un'intesa generale, infatti, era facile prevedere una guerra aperta sul piano tariffario e più complessivamente commerciale. Imprevedibile la portata delle conseguenze, ma certamente a pagare alti costi sarebbero state le imprese europee con sede nel Regno Unito, e in particolare le banche.
Anche in questo ambito, l'indebolimento del governo britannico nei confronti di Bruxelles e la rinuncia obbligata a posizioni oltranziste in sede di negoziato porterà prevedibilmente vantaggi alle imprese europee (e italiane), che dovrebbero poter contare su un futuro meno incerto e conflittuale per le loro attività nel Regno Unito. - LIBERTÀ DI MOVIMENTO
Meno complicazioni per vivere nel Regno
Con l'uscita del Regno Unito dall'Ue, una delle preoccupazioni più diffuse in Italia è diventata l'incertezza sul mantenimento di condizioni di favore - simili a quelle garantite dall'appartenenza di Londra all'Unione Europea - per la residenza in quello Stato di studenti e lavoratori del nostro Paese. Le indicazioni provenienti da Oltremanica sono state abbastanza contraddittorie, con rassicurazioni sulla conferma delle norme che regolano l'accesso dei nostri studenti alle Università britanniche, ma anche con il rifiuto da parte di Londra di garantire ai cittadini dell'Unione Europea protezioni prima dell'avvio dei negoziati con Bruxelles. Una prospettiva dei negoziati è quella «norvegese»: Londra, pur fuori dall'Ue come Oslo, potrebbe accettare la libera circolazione delle persone.
- LA SICUREZZA
Controllo delle frontiere tema forte per Theresa
Pur in un generale contesto di debolezza delle sue posizioni nel negoziato con Bruxelles, è prevedibile che Theresa May terrà il punto per quello che riguarda gli aspetti della sicurezza nazionale. Negli ultimi giorni di campagna elettorale, infatti, la premier uscente aveva promesso maggiore durezza in fatto di controllo delle frontiere e protezione della sicurezza dei cittadini, «anche a costo di rivedere leggi e garanzie». Difficile che cambi idea. Perciò, anche se dovesse piegarsi alla necessità di accettare la libera circolazione delle persone pur rimanendo fuori dall'Ue (come accade in Norvegia e in Svizzera) è prevedibile che i controlli delle frontiere britanniche rimarranno severi e lo diventeranno anche di più in nome della lotta contro il terrorismo.
- I PRINCIPII DI FONDO
Accesso al mercato unico: qui Londra dovrà cedere
Se Londra vorrà mantenere l'accesso al mercato unico, come fa la Norvegia, dovrà rispettare le «quattro libertà di movimento» richieste dall'Unione Europea: dei beni, dei capitali, dei servizi e del lavoro. Obblighi non facili da accettare per i conservatori fautori della «hard Brexit», intenzionati a ridurre l'immigrazione. D'altra parte i margini per limitare questi doveri in sede di negoziato sono ridotti, e l'interesse di Londra a conquistare una «soft Brexit alla norvegese» porterà probabilmente a piegarsi controvoglia almeno a una parte di essi. Tutto questo, naturalmente, ammettendo che la controparte europea sia disposta a tenere un atteggiamento collaborativo: dopo le elezioni che hanno indebolito la May, la parte «hard» potrebbe diventare quella di Bruxelles.
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