Dal sogno della Casa Bianca all’audizione col cappello in mano di fronte al Congresso americano. Dalla «sfida personale» prevista per il 2017 - «visitare e incontrare gente in ogni Stato americano» - alla sfida imprevista del 2018: testimoniare sullo scandalo datagate davanti alla Commissione Giustizia e Commercio del Senato oggi e davanti alla Commissione Energia e Commercio della Camera domani. Dal discorso da leader, coraggioso, all’Università di Harvard, in cui invitava la sua generazione a impegnarsi per «mettere fine alla povertà e alle malattie» e per «il reddito di base universale», al silenzio, vigliacco, lungo cinque lunghissimi giorni, dopo le rivelazioni sul caso Cambridge Analytica. Fino alle scuse per «l’errore enorme» pronunciate nei giorni scorsi e che ribadirà in queste ore. È passato poco più di un anno da quando Mark Zuckerberg ha assoldato il manager della campagna di Obama, David Plouffe, e il sondaggista di Hillary Clinton, Joen Benenson. Poco più di un anno da quando si faceva fotografare in tour per gli Stati Uniti, dal Nebraska all’Iowa, dal Michigan all’Ohio, alimentando le voci sulle sue intenzioni di correre per la presidenza di Usa 2020. Poco più di un anno da quando scriveva sul suo profilo, nella notte della vittoria di Donald Trump, «Stringendo Max (la figlia) ho pensato a tutto il lavoro di fronte a noi per creare il mondo che vogliamo per i nostri bambini». E adesso il sogno che Mark Zuckerberg decida di candidarsi alla Casa Bianca rischia di infrangersi di fronte al terremoto esploso il 18 marzo, con la scoperta che 50 milioni di profili Facebook sono stati violati (ma ora il numero è salito a 87 milioni e l’azienda ha fatto sapere che «tutti gli account sono a rischio») e che i dati degli utenti sono stati utilizzati dall’azienda britannica Cambridge Analytica, legata alla campagna elettorale di Donald Trump, e utilizzati per inviare messaggi politici mirati e influenzare l’esito delle presidenziali negli Usa, della Brexit nel Regno Unito e di vari altri eventi elettorali in giro per il mondo. È lo scandalo peggiore finora per l’uomo che ha connesso il mondo con il suo album di facce e storie, il social network da record, usato da oltre due miliardi di utenti nel mondo. Ed è la sfida più difficile per l’ex studente di Harvard che ha trasformato le storie personali dei suoi utenti in un diario globale diventato un trattato sociologico della nostra epoca. Proprio alla vigilia dei suoi 35 anni - l’età prevista dalla Costituzione americana per potersi candidare alla più alta carica dello Stato e dopo aver annunciato, non casualmente, di non essere più ateo (condizione nella quale non si è mai trovato alcun presidente Usa) - Zuckerberg inciampa in un colossale ingorgo digitale e politico. Con Facebook al centro di un diffuso sospetto: aver speculato sulla privacy dei propri utenti non solo per negligenza ma soprattutto per business(40 miliardi di incassi pubblicitari l’anno scorso), lasciando i propri clienti in balia di fake news, messaggi anti-islam e anti-immigrati e nelle mani della propaganda politica diffusa dagli hacker russi. D’altra parte, l’avventura di Facebook cominciò proprio ad Harvard con lo studente Zuckerberg che rubò dati e fotografie degli altri studenti per lanciare il sito Facemash da cui tutto ebbe inizio. In vista delle audizioni di queste ore, Zuckerberg ha annunciato le contromisure che il social network prenderà «per difendere l’integrità delle elezioni», a cominciare dalla creazione di una commissione di ricerca indipendente sulle elezioni e la democrazia. Ma intanto deve contenere la deflagrazione di un’altra bomba, con ilsocial network costretto a sospendere dalla propria piattaforma la società di San Francisco CubeYou, fondata dall’italiano Federico Treu, e che con il pretesto di «ricerche accademiche non-profit», sul modello di Cambridge Analytica, secondo un’inchiesta di Cnbc avrebbe raccolto dati degli utenti Fb tramite sondaggi e quiz. Lo scandalo, insomma, sembra solo all’inizio. Ed è un’altra onda che rischia di trascinarsi via il sogno della Casa Bianca. Un sogno che di certo Zuckerberg ha cullato.
Lo dimostra la clausola, emersa in una causa a fine 2016, che Mister Facebook discusse con i suoi investitori e che prevedeva la possibilità per il fondatore di mantenere il controllo della società, garantendosi un congedo temporaneo, nel caso si fosse deciso a servire «un incarico politico». Da aspirante presidente a Grande Fratello, il passo è breve.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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