Gli Usa abbattono un jet siriano che bombardava l’Isis

La Coalizione a guida americana colpisce un caccia siriano impegnato a combattere i jihadisti

Gli Usa abbattono un jet siriano che bombardava l’Isis

Un SU-22 dell’aviazione siriana impegnato in un bombardamento su obiettivi dell’Isis è stato abbattuto nel tardo pomeriggio di domenica da un F-18 statunitense nelle campagne intorno a Raqqa, la “capitale” dell’Isis. Il pilota è attualmente disperso e si attendono notizie sul suo stato.

Un gravissimo episodio che accade proprio nel momento in cui le forze armate di Assad stanno stringendo il cerchio attorno ai jihadisti dell’Isis nel deserto siriano.

Un comunicato stampa della Coalizione ha confermato l’abbattimento del jet, dichiarando che il velivolo aveva preso di mira dei miliziani curdi delle Forze Democratiche Siriane. Diversa però la versione del governo siriano, secondo cui vi sarebbero vittime tra le milizie curde, ma a causa di un attacco da parte dell’Isis che cercava di impedirne l’avanzata su Raqqa.

La versione della Coalizione desta non poche perplessità. Non è infatti la prima volta che gli Usa prendono di mira le forze armate siriane impegnate contro i jihadisti dell’Isis e di al-Qaeda.

Nel settembre 2016 aerei della Coalizione avevano bombardato truppe siriane in avanzata contro l’Isis a Deir ez-Zor, uccidendo più di sessanta militari impegnati a scacciare i jihadisti dell’Isis dalla zona.

Lo scorso aprile un attacco statunitense con missili Tomahawk aveva bersagliato la base aerea di Shayrat, in risposta a presunti attacchi chimici messi in atto dall’aviazione siriana ma mai dimostrati. Curiosamente è proprio da quella base che partivano le operazione aeree contro i jihadisti.

Un altro fatto interessante messo in evidenza dal Ministro degli Esteri russo Lavarov è l’installazione di batterie missilistiche statunitensi (Himars) nel sud della Siria, in prossimità del confine giordano, dove però non vi è presenza di jihadisti.

Le ambiguità sulla reale volontà da parte degli Usa di abbattere l’Isis sono più che legittime e fin dalle prime operazioni su Kobane, quando i curdi si lamentavano del fatto che i jet della Coalizione non colpivano i siti con presenza di jihadisti (da loro segnalati) ma zone limitrofe dove non vi era presenza di Isis. Del resto è evidente a tutti come l’intervento russo contro i jihadisti abbia ottenuto in pochi mesi risultati che la Coalizione non ha raggiunto in quasi quattro anni.

Partendo dal presupposto che gli attacchi statunitensi alle forze armate siriane siano un fatto gravissimo dato che si tratta di una vera e propria aggressione a uno stato sovrano, vi è anche l’elemento addizionale che vede bersagliate truppe attive in difesa del proprio territorio da quei terroristi che la Coalizione afferma di voler debellare.

Vi sono poi due elementi si cui vale la pena riflettere: il primo è legato al fatto che tutti gli episodi sopra citati che hanno preso di mira le truppe siriane hanno di fatto rallentato la controffensiva per liberare le zone interessate dalla presenza dell’Isis.

In secondo luogo appare evidente come gli Usa vogliano essere i fautori della liberazione di Raqqa e come stiano facendo di tutto per mettere fuori gioco Damasco in un’area che resta comunque parte del territorio siriano.

C’è poi la preoccupazione che la Coalizione,

una volta raggiunta Raqqa, possa concedere ai jihadisti un corridoio sicuro di fuoriuscita, indirizzandoli verso Deir ez-Zor, contro l’esercito regolare siriano, come messo in evidenza dal giornalista siriano Alaa Ebrahim.

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