Nel Medio Oriente e nel Nord Africa ci sono migliaia di missili antiaerei trasportabili a spalla. Non è di certo un segreto. Ribelli e terroristi in tutto il mondo postano continuamente sui social le armi catturate, così come i Manpads, acronimo di Man-portable air-defense systems. L’Occidente, restio ufficialmente a ritenerla una minaccia, l’ha sempre considerata come una possibilità e mai una certezza. Un nuovo documento, ottenuto poche ore fa da Warisboring grazie al Freedom of Information Act, rivela che la minaccia era reale e già nota un anno fa. Il 30 marzo dello scorso anno, il generale Thomas Trask, vice comandante dello Special Operations Command, invia con la massima priorità ai suoi superiore al Pentagono un rapporto chiamato “Joint Urgent Operational Need”.
Le preoccupazioni dei reparti speciali Usa nascevano dalla certezza di dover affrontare dei contesti con presenza antiaerea in grado di colpire cacciabombardieri ed elicotteri. Il documento, pesantemente censurato, dimostra le preoccupazioni del SOCOM e “l’urgenza di adottare le contromisure necessarie per contrastare la minaccia antiaerea trasportabile a spalla”.
Nel memo sono state rimosse svariate informazioni, ma non le preoccupazioni di Trask che definisce i missili antiaerei un “rischio forse inevitabile”. Lo scorso agosto, SOCOM ha ordinato alle aziende coinvolte di installare su undici piattaforme aeree non specificate nuovi sistemi difensivi. Lo Stato islamico ed gruppo sunnita curdo Ansar al Islam, conferma Small Arms Survey, possiedono tre diversi tipi di missili antiaerei a spalla. I Manpads sono stati sequestrati dalle scorte governative o acquistati sul mercato nero. A migliaia i missili SA-7 Strela, FN-6 ed Igla cinesi. Washington, Damasco e Baghdad tendono a sminuire ufficialmente la minaccia, sostenendo che lo Stato islamico non possiede alcuna forza antiaerea. Considerando il contesto, è impossibile verificare in modo indipendente tali affermazioni. I problemi tecnici sono un problema reale e gli insorti hanno tutto l'interesse a rivendicare falsamente la responsabilità per incidenti a fini di propaganda. Solo per citare alcuni episodi.
Il 12 marzo scorso un MIG-21 delle forze aeree siriane è abbattuto nei pressi del villaggio di Kafr Nabudah, nella zona di Hama. A rivendicare l’abbattimento i ribelli del gruppo Jaysh al-Nasr che avrebbero utilizzato due missili a corto raggio trasportabili a spalla. Il cinque aprile, un Sukhoi-22 dell’aviazione siriana è colpito nei pressi di Aleppo da un singolo missile lanciato dal gruppo al-Nusra. Un Sukhoi-22 delle forze aeree siriane decollato dall’aeroporto di al-Dumayr, è abbattuto nei sobborghi di Damasco l’11 aprile scorso. Si tratterebbe dell’unico caso confermato di impiego di un missile Strela-2 ad opera dello Stato islamico. I russi, infine, affermano di aver perso un elicottero d’attacco Mi-28N, precipitato su Homs il 12 aprile scorso, a causa di un guasto meccanico. L’elicottero da trasporto Mi-8, precipitato nei pressi della città siriana di Saraqeb lo scorso primo agosto, sarebbe invece l’unica perdita confermata dal Cremlino a causa del fuoco nemico.
Non migliora la situazione in Libia.
La maggior parte delle armi disponibili provengono da alcuni ordini effettuati dal regime di Gheddafi tra il 1985 ed il 1992. I sistemi più recenti sono stati acquistati tra il 2003 ed il 2011. I Manpads presenti in Libia, sono ritenuti in grado di colpire aerei di linea commerciali, aerei ed elicotteri militari fino quindicimila piedi. Restando sigillati, i missili sono ritenuti operativi per un massimo di dieci anni. Sarebbero oltre 20mila i missili trafugati in Libia dai depositi dell’ex presidente Gheddafi ed immessi sul mercato nero. A migliaia sono stati venduti in Ciad, Libano, Mali, Gaza e Tunisia. Da un mercato interno praticamente inesistente, la rivoluzione e le sue conseguenze hanno aperto la strada ad un vasto commercio illecito di armi. Già nel 2013, una società di sicurezza del Sud Africa, dietro finanziamento della Cia, era stata incaricata di ripulire i Manpads dal terreno, acquistandoli da chiunque li possedesse. Quel programma si chiuse con soltanto 1500 missili acquistati. Fin del 2013 è possibile acquistare con relativa facilità, grazie a specifici gruppi su Facebook, quasi ogni tipo di arma proveniente dall’arsenale di Gheddafi, stimato in 30 miliardi di dollari. Il commercio delle armi sotto il regime di Gheddafi era strettamente regolamentato. Dopo la sua morte, nel 2011, le armi del dittatore acquistate in 40 anni di regno sono finite sul mercato ideale, internet. In Libia sono stati identificati i missili Strela-2 in due diversi lotti (serie 9P58 con produzione nel 1981). La maggior parte delle armi provengono dai paesi che facevano parte del Patto di Varsavia. Figurano anche il Belgio e la Cina.
Oltre ai missili, gli inglesi acquistano anche razzi RPG-7, batterie termiche per il funzionamento dei missili Strela ed i sistemi con testata termo-barica di provenienza cinese WPF89-2. Storia insegna che la consapevolezza di essere più forti, a volte, impedisce di ipotizzare controffensive efficaci o difese da possibili sortite, elaborate in un modo del tutto inaspettato, ma ugualmente letali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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