Julian Assange ci ha sperato fino alla fine, ma alla fine è rimasto deluso, niente libertà per lui. I giudici britannici, infatti, hanno confermato il mandato di cattura per il fondatore di Wikileaks. Ciò significa che per evitare l'arresto dovrà restare nell'ambasciata ecuadoregna di Londra, dove da cinque anni e mezzo vive blindato per sfuggire all'arresto. "Non sono convinta che vada revocato", ha detto la giudice Emma Arbuthnot al termine dell'udienza. Il sì alla revoca avrebbe significato, per il fondatore di Wikileaks, l'apertura della porta dell’ambasciata.
Nei confronti di Assange c'è un mandato d’arresto europeo emesso dalle autorità svedesi per alcune accuse di stupro. Nonostante l’indagine svedese sia stata revocata l’anno scorso, le autorità britanniche minacciano ancora di arrestare Assange nel caso in cui dovesse lasciare l’edificio diplomatico. Tecnicamente il mandato d’arresto ha "perso il suo scopo e funzione", aveva sostenuto l’avvocato Mark Summers, ricordando che il fondatore di WikiLeaks ha "passato cinque anni e mezzo in condizioni che, da qualunque punto di vista, sono analoghe alla detenzione, senza accesso ad adeguata assistenza medica o luce del sole, in circostanze nelle quali la sua salute fisica e psicologica si è deteriorata ed è in serio pericolo". Ma questa tesi è già stata respinta dal procuratore, che l'aveva definita "assurda" in attesa del pronunciamento della corte, arrivato oggi.
Non molto tempo fa l’Ecuador ha concesso la cittadinanza ad Assange, chiedendo al Regno Unito di riconoscerlo come diplomatico, in modo da evitargli l’arresto e la
probabile estradizione negli Stati Uniti, dove l'australiano deve rispondere della pubblicazione di documenti segreti militari e diplomatici nel 2010. Il Regno Unito, però, ha respinto anche quella richiesta.
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