Libero ha dedicato un'intera pagina di lettere al mio botta e risposta con Feltri. Che lealmente scrive: «La maggior parte delle lettere, a occhio e croce, dà ragione a Socci». Ma si tratta di diverse percezioni della vita, non ci sono ragioni e torti. Semmai c'è un caso da chiarire. Feltri ripete che io - nel libro «Com'è bello il mondo, com'è grande Dio» - avrei «scippato Indro Montanelli al club dei laici e degli atei per inserirlo nella comunità dei credenti». Dove si riunisca tale club non lo so. Sospetto che Montanelli l'avrebbe evitato (e pure Feltri). In ogni caso a pagina 23 del mio libro si legge: «Nessuna conversione in punto di morte. E rifiuto di ogni cerimonia religiosa. Montanelli è stato non credente fino alla fine».
La mia risposta potrebbe finire qui. Ma proprio qui invece spunta il mistero. Perché in realtà chi può dire cos'accade negli ultimi istanti di una vita? Del resto a inquietare Feltri non è stata un'appropriazione di Montanelli che non c'è nelle mie pagine (e lui lo sa), ma quello che c'è: il racconto degli ultimi mesi di Montanelli attraverso le sue stesse parole, la sua esplicita ricerca di Dio, sempre più serrata e appassionata. Proprio su queste colonne ne parlai.
Mi aveva colpito ciò che Montanelli scriveva sul Corriere, nell'estate 2000, per il Giubileo. Oltre alla sua stima per Giovanni Paolo II, il gran misantropo si disse toccato da quei ragazzi che, convenuti a milioni a S. Pietro e Tor Vergata, «s'inginocchiano di fronte a un papa vegliardo». Si chiese «cosa li spinge a Roma?» e intuì la risposta: «Credo che inconsciamente cercano e vogliono in un mondo dell'effimero come questo... qualcosa che non abbia tempo perché è eterno, e che gli offra alcunché di stabile su cui posare - e riposare - i piedi». Forse aveva in mente Agostino: «Hai fatto il nostro cuore inquieto finché non riposi in Te».
Fu un esempio di lealtà intellettuale, l'unico fra tanti laici che spaventati dall'evento sparavano addosso a quei ragazzi allegri i loro tristi pregiudizi e il loro intollerante dogmatismo. Lui da parte sua confessava: «Ho sempre cercato Dio e non l'ho trovato. L'ho sempre cercato perché credo che la fede possa dare una forza straordinaria». Padre Raniero Cantalamessa, citò proprio queste parole nella sua omelia in San Pietro, per il venerdì santo, e rispose al vecchio laico: «Forse Dio non ti ha dato la fede perché lo aiutassi a purificare la fede di chi doveva annunciartela. Tu sai però quello che si sono sentiti rispondere uomini come Agostino o Pascal che avevano posto a Dio la stessa domanda: Tu non mi cercheresti se non mi avessi già trovato, se io non ti avessi già trovato. Desiderare senza credere può essere una fede più pura che credere senza desiderare, dando per scontato tutto».
In un'intervista Montanelli aggiunse una confessione bellissima: «Sono un laicaccio, ma molto interessato a questa faccenda della Chiesa. Che io sento, pur restando con tutti i miei dubbi laici, come una mamma che mi allatta, al cui latte io sono cresciuto». E la Chiesa, la fede cristiana, per lui aveva proprio il volto di sua madre, Maddalena, la donna intrepida che - insieme al cardinal Schuster - lo aveva salvato dalla fucilazione decretata dalle SS.
Un giorno lei raccomandò a Gaetano Afeltra, grande amico di Indro, che il figlio parlasse di Dio sempre in modo «da non dispiacere a sua madre».
Burbero com'era Montanelli si scioglieva nel ricordarla: «Era una creatura solare bellissima, una donna semplicissima come usava allora. Ma questa sua fede senza incrinature di dubbio... Io vorrei aver quella fede lì. Mia madre non ha mai avuto dubbi: io ero suo figlio, lei credeva nel Signore. È morta a 96 anni ancora credendo in Gesù: pensi che bellezza, pensi che bellezza! Quella è la fede che io vorrei».
Io mi limitai a ricordare, sul Giornale, queste parole di Montanelli e osservai che questa gratitudine per la bella umanità cristiana della madre, questo stupore per la sua fede luminosa e il desiderio di poterla condividere, spiazzava sia i cattolici che «danno tutto per scontato», sia i laici scioccamente e fintamente chiusi nei loro pregiudizi. Quella mattina di agosto del 2000 Montanelli mi telefonò a casa. Io non lo conoscevo. Mi disse che era ormai al capolinea, che non telefonava mai a nessuno, ma che stavolta aveva voluto farlo perché era rimasto commosso dalle mie parole e voleva ringraziarmi perché si sentiva compreso.
Morì undici mesi dopo. Mi colpì la disposizione testamentaria: volle che le sue ceneri fossero raccolte sopra al loculo della madre nella cappella di Fucecchio. Andai a rileggermi le ultime sue cose e trovai una perla che forse illumina quella ultima scelta. Montanelli in quell'intervista che ho citato raccontava che la madre lo spingeva verso la Chiesa, ma «non insisteva molto perché era convinta di rappresentarmi presso il Signore. Quindi io avevo in lei lo scudo. Lei era garante presso il Signore, era garante».
Io non so se la scelta di essere tumulato accanto a sua madre avesse a che fare con questo sentirsi da lei rappresentato e difeso presso Dio. Ma mi ha colpito una coincidenza. La madre di Afeltra aveva lo stesso nome della madre di Montanelli: Maddalena. Così da tempo immemorabile, ogni anno, il 22 luglio, festa di S. Maria Maddalena, lui faceva celebrare una messa in Duomo, alle 17, per le due mamme, la sua e quella di Indro. Ebbene, Montanelli è morto proprio il 22 luglio, onomastico della madre, nell'ora in cui in Duomo si celebrava, come sempre, la messa per la sua mamma. Si direbbe proprio che è venuta a prenderlo, come lui in fondo sperava. Sarebbe interessante anche ricordare la storia della medaglietta della Vergine che Montanelli portava al collo (chi vuole può trovarla nel libro di Michele Brambilla, «Gente che cerca»).
A voi le conclusioni. A me non interessa arruolare Montanelli. So solo che per i cristiani Dio non è un'entità lontana e introvabile, ma che Lui stesso viene a cercare gli uomini, uno ad uno, e li raggiunge attraverso un volto umano che illumina il loro cuore. Montanelli ha riconosciuto questo amore e questa presenza divina nel volto della madre e si è affidato a lei. Nella vita di ciascuno ci sono presenze che parlano al cuore. Se non ce ne accorgiamo, se non sappiamo riconoscerle, significa che abbiamo disseccato la nostra umanità.
Ciò che colpisce in Montanelli è la sua libertà da pregiudizi e dogmatismi, la sua curiosità. Che forse gli veniva dal suo mestiere di giornalista e dal suo carattere di uomo libero. È questa curiosità e questa passione per i fatti, vorrei dire a Feltri, il nostro dovere. Prima di dichiararci guelfi o ghibellini. Per esempio, nel suo primo articolo lui ironizza sul mio precedente libro, dedicato alle apparizioni della Madonna a Medjugorje. Ma io non ho fatto che il giornalista. Sono andato sul posto. Ho sentito le testimonianze, ho studiato i risultati delle commissioni scientifiche che si riconoscono impotenti a spiegare ciò che accade nei minuti delle apparizioni, ho letto i referti medici delle persone affette da malattie gravissime che lì di colpo sono guarite, ho valutato le obiezioni. Ho fatto insomma un'inchiesta giornalistica senza alcuna idea preconcetta e ho riferito ciò che ho scoperto.
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