In Montenegro torna il re, ma senza corona

Nikola Petrovic, erede di Nikola I, riaccolto in patria con tutta la famiglia e gli onori: avrà due nuove residenze, uno stipendio mensile uguale a quello del presidente e un indennizzo da 4,3 milioni di euro. Ma non avrà un ruolo politico. Almeno per ora

In Montenegro torna il re, ma senza corona

In Montenegro torna il re e tutta la famiglia. Non al potere, ma con qualche aspirazione politica mai celata ed il portafoglio gonfio, dopo anni di trattative con il governo di Podgorica. Per il rientro in patria, con tutti gli onori, del principe Nikola Petrovic, erede al trono del Montenegro si è mobilitato il parlamento. Una legge ad hoc «normalizzerà» lo status della dinastia fondata da Nikola I oltre un secolo fa. Il re conosciuto agli inizi del ’900, come «il suocero d’Europa». Cinque delle sue figlie sposarono monarchi o principi europei. Una di queste era Elena del Montenegro, seconda regina d’Italia come moglie di Vittorio Emanuele III.
Gli eredi dei Petrovic incasseranno dal governo montenegrino 4,3 milioni di euro, nei prossimi sette anni, per la corona ed i beni perduti. L’erede al trono, Nikola, che è cresciuto in Francia e vive a Parigi avrà lo stesso stipendio di 3000 euro del capo dello stato montenegrino. Non solo: alla famiglia reale verranno restituite alcune terre confiscate a Njegosih. A Cetinje, antica capitale del regno, sarà ricostruita una nuova casa reale. Oggi c’è solo un museo, ma nel borgo fra le montagne, culla dell’indipendentismo montenegrino, è nata e cresciuta Elena, regina d’Italia. Pure a Podgorica, l’attuale capitale, il governo concederà una residenza all’altezza del principe ereditario. I dettagli della ricucitura con la monarchia sono stati negoziati per anni ed il vero nodo, oltre ai soldi e alle terre, riguardava il ruolo politico dell’erede al trono. Il precedente premier montenegrino e uomo forte del paese temeva la discesa in campo del principe o dei suoi familiari. Nikola II non voleva fare solo la bella statuina e nel 2010 il braccio di ferro era talmente forte, che l’erede al trono non si presentò alle manifestazioni per il centenario del regno.
La situazione si è sbloccata con l’attuale primo ministro, Igor Luksic. Secondo la legge ad hoc il principe potrà svolgere «alcune funzioni protocollari e non politiche» in Montenegro utilizzando «obiettivi rappresentativi e altri beni del patrimonio pubblico». Il principe Nikola si era già speso per l’indipendenza del Montenegro e l’ingresso della piccola perla dell’Adriatico nell’Unione europea. Classe 1944 è il figlio di re Michele e di Genevieve Prigent. Suo nonno combattè contro l’impero austro ungarico nella prima guerra mondiale, ma alla fine del conflitto la dinastia serba del cugino Karajeorjevic si prese anche il Montenegro. Nikola I fu costretto all’esilio sull’isola di Antibes. Il fervore monarchico riaffiorò al crollo dell’ex Jugoslavia voluta da Tito. Il passo per la discesa in campo politico di un Petrovic è breve, ma la legge che normalizza lo status della monarchia sancisce fra le righe un importante aspetto storico, che sfocia nell’attualità. Dal testo parlamentare si evince che nel 1918 la corte di Belgrado destituì la dinastia Petrovic e di conseguenza l’unione del Montenegro alla Serbia è stata un vero e proprio atto di annessione. L’unione ha retto fino ai tempi di Slobodan Milosevic. Nel 2006 un discusso referendum sull’indipendenza sancì definitivamente lo strappo di Podgorica da Belgrado. Non a caso la comunità serba che vive in Montenegro si oppone alla legge pro monarchia. Secondo il deputato serbo Goran Danilovic «si compie un atto unilaterale di revisione storica, che interpreta il passato nell’ottica più favorevole allo status quo».
Si sono messi di traverso sostenendo la linea serba anche gli eredi della dinastia Karadjeordjevic, che hanno rotto i ponti con i principi montenegrini dal 1918. Alessandro, l’erede al trono, è tornato a vivere a Belgrado dal 2001 nell’ex villa reale di Beli Dvor a Dedinje, la collina Vip di Belgrado. Pure lui sogna il ritorno della corona. Come ogni anno, anche lo scorso gennaio, si è rivolto al popolo serbo inneggiando alla monarchia costituzionale.

Paragonando una serie di dinastie storiche ai regimi che le hanno sostituite ha invitato i cittadini serbi a riflettere «se Pol Pot sia meglio di Sihanouk, Menghistu di Selassie, Ceausescu di re Michele, Zivkov di re Simeone, o l’Afghanistan di oggi dello stato del re Mohammed Zahir!».
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