«Gli altri, se vogliono, neghino pure. Io no, io non mi nascondo: ero nella Gladio Bianca e me ne vanto». Ribadiva così a chiunque, Arrigo Molinari, con lo stesso orgoglio e la stessa veemenza verbale, il suo appartenere alla struttura paramilitare di difesa dello Stato che si era costituita per difendere l’integrità nazionale dagli assalti dei sovversivi.
E a un certo punto, l’ex vicequestore di Genova s’era sentito anche in dovere di mettere tutto nero su bianco. Così, tanto per troncare qualsiasi equivoco: aveva preso carta e penna, e scritto sulla carta intestata «Studio Legale Professor Avvocato Arrigo Molinari, patrocinante in Cassazione», di cui andava fierissimo.
Parole di pietra, scritte il 20 dicembre dello scorso anno, e rese pubbliche: «Il sottoscritto, indagato nel procedimento numero 5148/04/21, di seguito alle precedenti memorie ex articolo 121 del codice di procedura penale - attacca Molinari -, si permette rappresentare che, oltre alla Gladio cosiddetta nazionale, esisteva in Liguria anche una Gladio Bianca del cardinale Giuseppe Siri, della quale lo scrivente ha fatto parte fino alla morte dello stesso cardinale Siri, il quale prima di morire si era preoccupato di dare una sistemazione a tutto l’armamento che era custodito in chiese abbandonate dal Culto, site nei vicoli della vecchia Genova».
Il passaggio successivo chiama in causa altri aderenti all’organizzazione: «Secondo quanto mi risulta - spiega l’avvocato Molinari - della Gladio Bianca faceva parte anche l’ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro che più volte si è recato a Genova, da dove poi faceva il “postino“ di Siri. Per quanto mi riguarda, la Gladio Bianca è intervenuta solo per fischiare l’allora presidente del Consiglio dei ministri Amintore Fanfani, in occasione di un suo comizio a Genova in piazza Matteotti, in occasione del referendum sul divorzio. Era un periodo difficile per Genova - ricorda l’ex docente alle scuole di polizia -, a causa anche del rapimento del giudice Mario Sossi da parte delle Brigate rosse, per cui all’onorevole Fanfani non è stato permesso di parlare in quanto gli incidenti sono iniziati appena si è presentato sul palco, con grande soddisfazione del cardinale Siri che poi alla sera ha festeggiato l’evento brindando con i Cavalieri del Santo Sepolcro e di San Giorgio in Corinzia e con i vari prelati».
Che affermazioni come queste avessero, a suo tempo, suscitato prese di distanza dei protagonisti citati e qualcosa più di scetticismo da parte degli osservatori neutrali, è facilmente comprensibile. Ma Molinari era fatto così: sconcertare l’interlocutore, chiunque fosse, era il suo modo di agire abituale, senza naturalmente mai ritirare la mano dopo aver lanciato il sasso. E tutto questo, indipendentemente dalla possibilità di dimostrare affermazioni clamorose che, come quelle a proposito di Siri e Scalfaro, sono tutte da verificare o rettificare.
Ma Molinari, al momento di diffondere le sue «rivelazioni», non se n’era minimamente preoccupato. E infatti, la lettera-memoria del dicembre dello scorso anno proseguiva così: «L’organizzazione era sempre aggiornata, e della stessa facevano parte rappresentanti delle tre forze dell’ordine e anche numerosi magistrati con i quali teneva contatti il presidente del tribunale ecclesiastico, Don Gaggero».
Non basta. Molinari insiste sugli stessi toni, e precisa: «Anche numerosi professori universitari facevano parte della Gladio Bianca. Allego la fotocopia del ricordo di Monsignor Cicali, deceduto nel ferragosto del 2004, per cui in merito può essere anche sentito don Gianni Baget Bozzo (vedere articolo qui a lato, ndr) che però non faceva parte della Gladio, come pure Don Molinari, il Cappellano dei lavoratori».
I ricordi sono nitidi, e, a giudizio dell’ex vicequestore di Genova, vanno raccontati, anche se non sempre con la prosa sciolta (e la sintassi corretta) dello scrittore professionista. Molinari chiama ancora in causa il cardinale: «Lo scrivente ricorda che il cardinale Siri era sempre attento ai problemi di Genova, e allorché il questore Emilio Santillo aveva messo a disposizione i mezzi per girare dei film violenti a Genova con l’attore Franco Nero nel ruolo di commissario, era intervenuto energicamente perché non voleva che Genova fosse descritta come una città violenta, per cui aveva iniziato anche la procedura ex articolo 700 del codice di procedura civile per vietare la proiezione dei film stessi e nell’occasione si era molto indispettito con lo scrivente che aveva permesso di far riprendere il proprio figlio Carlo, che solitamente giocava davanti alle tre caravelle di piazza della Vittoria, quale figlio del commissario Franco Nero, quando hanno fatto scoppiare una autovettura davanti all’ingresso privato della questura, per cui il figlio del commissario che giocava a pallone con altri coetanei veniva colpito dalle schegge dell’esplosione e moriva. In quell’occasione, era intervenuto anche il giudice Mario Sossi, che pure lui non voleva far rappresentare una Genova violenta».
Il racconto affidato alla lettera-memoria termina qui. Ma è corredato da allegati che riportano ulteriori particolari su circostanze e personaggi.
Candore, ingenuità, illusione, mistificazione? A Molinari arrivarono queste e altre accuse, anche ben più gravi. Il tribunale l’ha assolto. E lui, fino all’ultimo, ha continuato a parlare.
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