È morto a 100 anni l'ultimo dei «cangaceiros», i briganti brasiliani che dalla metà dell'800 al 1940 divennero leggendari e spietati idoli popolari nell'arido «sertao» del nord-est del Brasile. Josè Antonio Souto, noto come «Moreno», apparteneva alla banda di Lampiao, il più famoso cangaceiro di tutti i tempi, ucciso e decapitato dalla polizia nel 1938. La banda riuscì a sopravvivere per altri due anni sotto la guida di Corisco, a sua volta catturato, ucciso e decapitato nel 1940. Souto si rifugiò insieme alla moglie Jovina Maria de Conceicao, detta Durvinha, a Belo Horizonte dove ha vissuto per 65 anni sotto falso nome.
«La gente dice che Lampiao era cattivo - amava raccontare l'ultimo cangaceiro - e invece era molto buono: una persona speciale. Nel brigantaggio nessuno lavorava. All'inizio i cangaceiros assaltavano, rapinavano e uccidevano. Poi, poco prima che io entrassi nella sua banda, Lampiao cambiò strategia. Era infatti solito mandare al fazendeiro della regione una lettera con una richiesta di quattrini. Se il latifondista pagava bene, poi diventavamo anche amici. Se invece rifiutava o peggio informava la polizia, il prezzo veniva raddoppiato. Al secondo rifiuto uccideva il fazendeiro e distruggeva la sua fattoria».
Nei quasi 100 anni della loro epopea, i cangaceiors riuscirono anche a imporre una moda: abbigliamento di cuoio, cartucciere a tracolla, gilet ricamato, gambali e cappello a feluca, abbellito da stelle e croci. «Gli abiti erano cuciti dalle nostre donne - spiegava nelle interviste Souto - Mia moglie per esempio faceva delle giacche e gilè traforati di fiori. Ma la più brava di tutte era senza dubbio Maria Bonita, la donna di Lampiao, che inventò l'applicazione delle stelle sul cappello di cuoio». Il brigantaggio praticamente finì con la morte di Lampiao e di Corisco. Entrambi dopo la decapitazione furono portati in giro per le città di Bahia, del Pernambuco, di Alagoas e del Sergipe e solo nel 1969 i resti dei due banditi furono pietosamente sepolti. «Noi ci siamo salvati - ricordava Souto - perché mia moglie aveva appena partorito e avevano lasciato la banda per cercare un sacerdote a cui affidare il bambino. Al nostro ritorno trovammo tutti i banditi uccisi. Noi siamo scappati, e dopo aver risalito il fiume Sao Francisco abbiamo vagato per oltre quattro mesi, spostandoci solo di notte».
Dopo il loro arrivo a Belo Horizonte i coniugi Souto condussero un esistenza tranquilla, misero al mondo dieci figli e nulla poteva lasciar immaginare il loro turbolento passato. Solo nel 2005, Moreno si decise a svelare il suo passato. Tre anni dopo, a 93 anni, moriva l'adorata moglie Durvinha.
«Mio padre ha rivelato che aveva ucciso molte persone e che aveva abbandonato un bambino - narra la figlia Noeli - Io sono rimasta scioccata. Ho pianto molto: noi tutti sappiamo delle atrocità del cangaco». Dopo la loro confessione i coniugi Souto sono anche riusciti a rintracciare a Rio De Janeiro il bimbo affidato al sacerdote, ormai un ex ufficiale dell'esercito in pensione, cresciuto con il nome Inacio Carvalho de Oliveira. «Per mio padre essere sepolto in un cimitero era una benedizione. Nel brigantaggio tagliavano la testa e lasciavano i corpi insepolti. Per questo al momento della sepoltura abbiamo lanciato fuochi d'artificio, come lui voleva» ha detto Inacio al funerale del padre.
Il fenomeno del brigantaggio brasiliano divenne popolare con il film «O' cangaceiro» del regista Lima Barreto, arrivato in Italia nel 1953 con il titolo «Il brigante». È la storia di Galdino Ferreira e del suo luogotenente Teodoro. La banda rapisce una maestrina, Teodoro se ne innamora, abbandona la banda e fugge con lei. Epilogo tragico. Il film fu premiato a Cannes come miglior film d'avventura e migliore colonna sonora e la canzone «Mulher Rendeira».
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