È stato uno dei simboli dell'antimafia negli anni Novanta. L'inventore di un'iniziativa che fece epoca, il rogo in piazza delle armi giocattolo per dire no alla violenza mafiosa, tanto più in un quartiere del centro di Palermo, il Borgo Vecchio, affetto da mille problemi. Ma adesso don Paolo Turturro, l'ex parroco della chiesa di Santa Lucia condannato definitivamente a tre anni per abusi sessuali sui minori, è in una cella del carcere di Pagliarelli, nel capoluogo siciliano. Il tribunale di sorveglianza, nonostante il parere favorevole della procura generale, ha detto no al suo affidamento ai servizi sociali per l'esecuzione della pena. E così, adesso, è stato rinchiuso in carcere.
È l'epilogo di una vicenda giudiziaria che ha diviso Palermo e che è durata per ben 13 anni. Padre Turturro, prete in prima linea contro la mafia in un quartiere del centro storico difficile, con la parrocchia di fronte al carcere dell'Ucciardone, era un personaggio di primissimo piano in città. E nel dopo stragi del '92 il suo impegno, insieme alla sua fama, crebbero. C'era il falò delle armi giocattolo, in occasione della festività dei Morti, ai primi di novembre. E c'era un impegno di recupero dei giovanissimi, sottraendoli alla strada, con l'associazione da lui stesso fondata e guidata, Dipingi la pace. La vicenda giudiziaria che adesso lo ha portato in carcere comincia appunto 13 anni fa. La denuncia di alcuni ragazzini lo trascina in tribunale. Gli si contestano avances a un chierichetto, molestie più pesanti ad altri due ragazzini. Padre Turturro si professa innocente, dice che si tratta di un complotto per fermare il suo impegno. Viene allontanato da Palermo. Resta però sacerdote, non viene sospeso. L'iter giudiziario è complesso. Le presunte violenze più gravi vengono dichiarate prescritte, le molestie più lievi rimangono.
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