Per tutto il 2016 e buona parte del 2017 di Ong nel Mar Mediterraneo ce n'erano parecchie. Lo abbiamo raccontato in tutte le salse su queste pagine. C'erano la Sea Eye, la Open Arms, Msf, Sos Mediterranée, Jugend Rettet, Seefuchs e Lifeline. Tutte, o quasi, sono finite in un modo o nell'altro col tirare i remi in barca.
I motivi sono molteplici. E iniziano con le politiche avviate da Minniti (codice di condotta, accordi con la Libia...) e arrivano, soprattutto, al pugno duro imposto da Matteo Salvini. Il leghista della guerra alle navi umanitarie ha fatto una vera e propria battaglia politica, declinata nella contrapposizione tra la "regolamentazione delle migrazioni" e "l'accoglienza indiscriminata". Tra il soccorso emergenziale in mare e il blocco dei flussi affinché nessuno parta e rischi di morire tra le onde del mare nostrum. Salvini ha chiuso i porti, ha innescato un duro scontro verbale, non si è piegato all'opposizione delle Ong a collaborare con la Marina di Tripoli. Per due volte ha tenuto la Aquarius al largo, impedendogli di scaricare i migranti. In più occasioni le ha indirizzate verso porti alternativi, spagnoli, maltesi e francesi. E così ha "vinto": una dopo l'altra, le Organizzazioni non governative hanno cambiato rotta o si sono ancorate in qualche porto.
"Grazie alla nostra azione - esulta il ministro dell'Interno - nessuna nave Ong è più davanti alla Libia, così gli scafisti hanno finito di
fare il loro sporco lavoro. Risultato: sbarchi l’anno scorso fino a ottobre 110.000, sbarchi quest’anno fermi a 21.000. E pensare che secondo il Pd le “migrazioni” erano “processi inevitabili, non ci si può far niente".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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