Mafia nigeriana, primo testimone muore in circostanze da chiarire

È morto in circostanze da chiarire il primo testimone sulla mafia nigeriana a Palermo. L'uomo era detenuto in carcere, la sua testimonianza fu cruciale per ricostruire la presenza dell'attività criminale dei nigeriani in città

Mafia nigeriana, primo testimone muore in circostanze da chiarire

È morto in circostanze da chiarire il primo testimone sulla mafia nigeriana a Palermo, recentemente finito in manette in un'altra inchiesta della procura Antimafia. Si tratta di Emeka Don, nigeriano di 29 anni, che tra il 2014 e il 2016 raccontò di un'aggressione subita nel quartiere di Ballarò, svelando ai pm alcuni componenti della Black Axe (banda nigeriana), ma che lo scorso luglio era finito in carcere con l'accusa di far parte dei Viking (altra banda nigeriana) nell'ambito del blitz "Disconnection zone" della Squadra mobile. Il decesso è avvenuto nella mattinata di ieri all'ospedale Civico di Palermo a causa di una crisi ipoglicemica. E proprio da qui gli investigatori vogliono ripartire per capire le cause che hanno portato al decesso dell'uomo.

L'uomo - detenuto al carcere Pagliarelli - era stato trasferito al nosocomio nella serata di sabato. Per questo la Dda stamane ha disposto l'autopsia della salma di Emeka Don, dopo che ieri sera un collettivo si è raccolto in un presidio davanti la Squadra mobile di Palermo. "Vogliamo sapere cosa è accaduto - racconta Frank Obidike, rappresentante del circolo multiculturale Arci Ikenga - per noi è davvero anomalo, come si fa a morire in carcere per una malattia del genere? Sappiamo che in carcere c'erano delle persone che lo volevano morto per quello che lui ha testimoniato".

Emeka Don - che poi venne ospitato nel dormitorio di Biagio Conte - aveva raccontato ai pm di essere stato aggredito il 26 gennaio 2014 da Austine Johnbull (detto Ewosa), poi condannato per tentato omicidio con l'uso di un'ascia (oggetto che caratterizza la banda Black Axe) a 12 anni di reclusione, confermati dalla corte d'Appello. La sua testimonianza, comprese le cicatrici riportate in seguito all'episodio, fu rilanciate dalla stampa internazionale che raccontò la presenza della mafia nigeriana a Palermo.

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