Roma Senza l'incanto romantico di Giovanni XXIII; senza il sorridente appeal di Giovanni Paolo I; senza la statura epica di Giovanni Paolo II. L'unico papa del 900 che non abbia lasciato dietro di sé un'immagine popolare; se non quella (in realtà parziale) di pastore incompreso e tormentato, al timone d'una Chiesa nella tempesta dei tempi moderni. Personaggio difficile, Paolo VI. Sfida difficilissima, per l'attore che lo interpreta. Sfida raccolta da Fabrizio Gifuni: che in Paolo VI-il papa nella tempesta - la fiction della Lux Vide diretta da Fabrizio Costa, in onda su Raiuno stasera e domani - veste appunto i complessi panni del pontefice più sottovalutato (e malinteso) della storia recente.
«Se vi fate un giro dalle parti di San Pietro, vedrete che i negozi di souvenir traboccano di cartoline con le immagini di papa Roncalli, papa Luciani, papa Wojtyla. Mentre non ne troverete una, neppure una, di papa Montini - spiega Gifuni -. Il che è sorprendente, se si pensa che Paolo VI ha guidato la Chiesa nei quindici anni, dal ’63 al ’78, forse più critici della sua storia recente». I motivi, per Gifuni, sono evidenti: «Montini non era naturalmente dotato di appeal, si chiudeva spesso in un appartato riserbo. Il che, al confronto con l'esuberanza mediatica di due icone quali Roncalli e Wojtyla, ha finito per precipitarlo in un cono d'ombra. Quasi per farlo dimenticare, e del tutto ingiustamente. Ma tutto questo spiega e non spiega». Sembra che si fu un malinteso: «Sì, quando era ancora arcivescovo, papa Giovanni lo definì “l'Amleto di Milano”. E in genere lo si ritiene un pontefice incerto, dubbioso, tormentato. Ora io non conosco a fondo Paolo VI; ma da attore conosco Amleto. E posso dire che entrambi sono stati vittime dello stesso equivoco. Non erano né incerti, né dubbiosi: erano solo intellettuali. E come tutti i veri intellettuali, davanti alla complessità delle cose non cercavano strade semplici o scorciatoie: le affrontavano frontalmente, se ne lasciavano letteralmente attraversare». Basta pensare al Concilio, alla Populorum progressio, alla Humanae Vitae.
E ora resta da parlare di come è il Paolo VI di Gifuni. «Come faccio sempre coi personaggi realmente vissuti, mi sono documentato il più possibile su di lui attraverso libri, documenti, filmati. Sarebbe stato illogico, ad esempio, rappresentare papa Montini, senza tentare di replicarne la gestualità così caratteristica - quei movimenti ampi, aristocratici e la voce così inconfondibile, pastosa, bresciana. E poi, così facendo, scopri cose inattese. Il calore e l'umorismo che esprimeva cogli amici più intimi ad esempio. Gli slanci e gli entusiasmi che partivano improvvisi, e che rivelano un uomo completamente diverso da quel che si dice. Come quando ricevendo in San Pietro i più grandi attori e registi di allora, chiese dopo secoli d'incomprensioni, vogliamo fare la pace?».
Matilde Bernabei, della produttrice Lux Vide, ha affermato che «questo film restituisce il suo onore a un papa ingiustamente malinteso. Eppure sembra che a Benedetto XVI la miniserie non sia piaciuta. «Questo l'ha affermato una fonte ecclesiastica anonima. Il che la dice lunga sulla sua attendibilità. Noi, invece, abbiamo avuto l'aiuto e il sostegno dei cardinali Comastri e Re, e i complimenti del cardinal Silvestrini. Mentre il papa, alla proiezione privata del 9 novembre scorso, mi ha detto testualmente: “Complimenti. Era molto difficile rendere la complessità di tutti questi passaggi”». Quanto alle altre critiche, sarebbero campate in aria.
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