"Ho accompagnato nella mia vita di sacerdote, vescovo e anche di Papa persone con tendenze e pratiche omosessuali. Le ho avvicinate al Signore. E mai le ho abbandonate". A confidarlo è papa Francesco rispondendo ai giornalisti che viaggiano con lui da Baku a Roma, chiarendo meglio il senso delle parole di ieri a Tbilisi che non implicavano una condanna a uomini e donne che vivono queste situazioni di innegabile sofferenza, ma solo all'ideologia del gender che vuole imporre una cultura attraverso un indottrinamento che il Pontefice definisce ancora una volta "colonizzazione ideologica".
La "colonizzazione ideologica" del gender
"Per favore, non dite che il Papa santificherà i trans. Voglio essere chiaro: è un problema di morale, umano, e si deve risolvere come si può, sempre con la misericordia di Dio, con la verità, leggendo tutta l'Amoris laetitia, ma sempre col cuore aperto", chiede il Papa ai giornalisti chiarendo per bene la sua posizione che ieri qualche media ha equivocato. "Ciò che ho detto - scandisce - riguarda quella cattiveria che oggi si fa con l'indottrinamento della teoria del gender. Mi raccontava un papà francese che a tavola parlando con i figli ha chiesto al bambino di 10 anni: 'cosa vuoi fare da grande?' Lui ha risposto: 'la ragazzà. Hanno scoperto così che nei libri dei collegi si insegnava la teoria del gender. E questo è contro le cose naturali. Una cosa è una persona che abbia questa tendenza, o che cambia il sesso, un'altra cosa è fare l'insegnamento nelle scuole su questa linea per cambiare la mentalità. Io chiamo questo 'colonizzazione ideologica'". Ma opporvisi, secondo il Pontefice, non deve mai portare a chiudere le porte a qualcuno che soffre. Così come condannare il divorzio non significa condannare i divorziati. "Le persone - esorta infatti Papa Francesco - si devono accompagnare come le accompagna Gesù. Quando una persona con questa condizione è davanti a Gesù, Gesù non la manda via perché è omosessuale". "L'anno scorso - racconta il Papa - ho ricevuto una lettera di uno spagnolo che mi raccontava la sua storia da bambino e ragazzo. Era una ragazza che ha sofferto tanto perché si sentiva ragazzo. Ha fatto l'intervento, ora è un impiegato di un ministero di una città spagnola ed è andato dal vescovo. Il vescovo lo ha accompagnato tanto, bravo vescovo, 'perdeva' tempo per accompagnare quest'uomo. Poi si è sposato, ha cambiato la sua identità civile e mi ha scritto che sarebbe stata una consolazione venire con la sua sposa. Li ho ricevuti ed erano contenti. Nel quartiere dove abitava c'era un vecchio parroco 80enne che poi è cambiato. Quando il nuovo lo vedeva lo sgridava dal marciapiede: 'Andrai all'inferno!' invece il vecchio lo confessava per fargli fare la comunione. Capito? La vita è la vita e le cose si devono prendere come vengono, ma il peccato è peccato. Le tendenze o gli squilibri ormonali creano tanti problemi e dobbiamo essere attenti a non dire 'E' tutto lo stessò no, ma ogni caso va accompagnato e integrato. Questo è quello che farebbe Gesù oggi".
Divorzio e apertura ai divorziati
Lo stesso ragionamento, chiarisce il Papa, riguarda il tema dei divorzio, che resta un male anche se i divorziati possono essere accolti anche a livello sacramentale (a determinate condizioni). "È tutto - tiene a ricordare il Papa - nell'Amoris Laetitia quando si parla del matrimonio come unione tra l'uomo e la donna come immagine di Dio. È vero che in questa cultura i conflitti e problemi non gestiti e le filosofie di oggi che ci spingono a cambiare quando ci stanchiamo è la guerra contro il matrimonio. Dobbiamo essere attenti a non lasciar entrare queste idee. Il matrimonio è immagine di dio, uomo e donna, in una sola carne. Quando si distrugge questo si sporca e si sfigura l'immagine di Dio". Ma "poi l'Amoris laetitia parla di come trattare questi casi, le famiglie ferite, e c'entra la misericordia. Le debolezze umane esistono, i peccati esistono. L'ultima parola non ce l'ha il peccato, ma la misericordia". "Nell'Amoris Laetitia - conclude Francesco - si spiega come si risolvono i problemi: accogliere le famiglie ferite, accompagnare, discernere ogni caso e integrare, rifare. Questo è collaborare in questa ricreazione del Signore con la redenzione. Tutti vanno subito al capitolo ottavo.
No, si deve leggere dall'inizio alla fine. E qual è il centro? Dipende da ognuno. Per me il centro è il capitolo quarto, serve per tutta la vita. Ma si deve leggerla tutta. C'è la rottura, ma anche la redenzione e la cura".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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