La paura dell'islamofobia ci fa complici dei terroristi

Il caso demenziale dei vicini di casa della coppia killer californiana: non l'hanno denunciata per paura di tradire il politicamente corretto

La paura dell'islamofobia ci fa complici dei terroristi

La correttezza politica uccide. Il nuovo totem laico venerato dagli obamiani d'oltreoceano, adorato dai gauche caviar europei, idolatrato dai liberal di casa nostra, ammazza quanto un kalashnikov o un giubbotto imbottito d'esplosivo. O forse di più perché rischia di condannare alla sottomissione e alla morte l'intera nostra civiltà. Quello che fino a ieri era solo un timore, peraltro inesprimibile pena la messa all'indice, è oggi verità documentata.

Leggete le ricostruzioni della strage islamista di San Bernardino in California. Immergetevi nelle storie di Syed Rizwan Farook e di Tashfeen Malik la mogliettina istigatrice importata dall'Arabia Saudita. Ascoltate la testimonianza della vicina di casa, cristallina nell'ammettere di non averne denunciato i comportamenti sospetti per non venir tacciata d'islamofobia e pregiudizio razziale. In quella storia il vero punto critico non è la facile reperibilità delle armi sul mercato americano, ma la debolezza di una società sottomessa ai valori deviati di un neo paganesimo chiamato «politicamente corretto». Nel cui nome si pratica e s'impone un eccesso di tolleranza sconfinata ormai nella plateale stupidità. La stupidità denunciata negli Stati Uniti dal candidato presidenziale Donald Trump implacabile nel mettere all'indice i vicini di casa dei terroristi «che sapevano cosa stava succedendo, ma non l'hanno raccontato perché temevano di cadere nel pregiudizio razziale».

La «cretinaggine» dei fanatici della tolleranza denunciati nella sua rassegna stampa su Facebook dal conduttore di Virus Nicola Porro. La cretinaggine di chi lo accusa d'islamofobia, soltanto per aver dedicato varie puntate alla minaccia islamico terrorista. La «cretinaggine» dei colleghi colpevoli, a detta di Porro, di aver caparbiamente ignorato, per due giorni di fila, la matrice islamica d'una strage messa a segno da un 28enne musulmano di origine pachistane che - oltre a litigare con chi contestava la sua religione - frequentava altri fanatici della jihad e s'era preso in moglie una donna velata conosciuta in Arabia Saudita.La devastante pericolosità di chi continua a venerare il totem della tolleranza esasperata anche davanti alle stragi del terrore islamico non è, comunque, una novità.

Nel nome di quel totem il presidente degli Stati Uniti Barack Obama evita d'associare l'aggettivo «islamico» alla parola «terrore» durante l'esitante e incerto messaggio di solidarietà pronunciato dopo l'ecatombe parigina del 13 novembre. E il laicismo radicale dei benpensanti liberal pronti a condannare al rogo sociale chiunque punti il dito sui leader musulmani recalcitranti nel condannare il terrorismo è lo stesso che ci ha impedito di prevenire gli orrori iracheni e siriani. Nel nome di quello stesso laicismo radicale abbiamo ignorato per anni le voci dei cristiani di Siria perseguitati, uccisi e massacrati mentre denunciavano in anticipo le violenze dei gruppi jihadisti e l'avanzata dello Stato Islamico.

E come non ricordare la connivente stupidità di giornalisti e quotidiani inglesi prontissimi, nel 2009, a dar voce ad una campagna di Cage, l'associazione per i diritti umani fondata da un ex detenuto di Guantanamo, che accusava i servizi segreti di britannici di perseguitare Mohammad Elwazi, un ragazzotto sospettato di voler trascorrere le vacanze in compagnia degli shebab somali. Un ragazzotto lasciato libero, qualche anno più tardi, di raggiungere la Siria per trasformarsi nel decapitatore di ostaggi occidentali meglio conosciuto come Jihadi John. E che dire della sconvolgente leggerezza con cui una signorina italiana in niqab chiamata Maria Giulia Fatima Sergio è stata lasciata libera di rilasciare aberranti opinioni davanti a platee universitarie e televisive. Fino a quando non ha deciso di togliere il disturbo raggiungendo marito e amichetti sui fronti siriani dello Stato Islamico. Da lì oggi è libera d'inneggiare agli stragisti di Parigi.

Ma una cosa è certa. Se un Magdi Allam, un Nicola Porro o qualche altro sventurato «islamofobo» avesse osato contestarne opinioni e aspetto prima della partenza, i veri terroristi e i veri incivili sarebbero stati soltanto loro.

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