"Un errore la mazzata fiscale alle partite Iva"

L'ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, contrario alle misure del governo sugli autonomi

"Un errore la mazzata fiscale alle partite Iva"

Roma - Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro, un passato da sindacalista della Fiom e un presente da esponente della sinistra Pd. Oggi difende le partite Iva dalla legge di Stabilità del governo Renzi. Ieri, alzava i contributi agli autonomi. Una scelta di cui si è pentito.

Perché la Stabilità non va?

«Le misure per il lavoro autonomo sono insufficienti e contraddicono quello che il governo afferma a parole, cioè che il lavoro non è soltanto dipendente. Se è così bisogna aiutare anche quella parte del lavoro autonomo costituita dalle libere professioni, anche non regolamentate, per lo più svolte da giovani»

Nel dettaglio?

«Avere fissato il tetto per accedere al regime dei minimi a 15mila euro, rispetto ai precedenti 30mila. Poi, per i lavoratori con partita Iva della gestione separata Inps, non avere fermato l'aumento della contribuzione previdenziale della legge Fornero; un'altra mazzata».

Guardi che quando era ministro anche lei ha aumentato i contributi per gli autonomi...

«Ho ammesso questo mio errore alla presenza dei giovani delle partite Iva e lo ribadisco. Nel 2007 ho sbagliato pensando che quel tipo di attività fosse tutta riconducibile al lavoro dipendente e, di conseguenza, che si potesse arrivare ad un tetto di contribuzione del 33%».

Come mai si è pentito?

«Lo studio dell'argomento mi ha convinto che nell'ambito del lavoro autonomo ci sono differenze. Alcune partite Iva sono false ed è giusto cancellarle. Ma i giovani che scelgono volontariamente quella strada, devono essere equiparati ai lavoratori autonomi. Serve una riforma strutturale per portare la contribuzione al 24 per cento».

Le partite Iva, i professionisti sono un presidio politico dei liberali e dei Radicali, non della sinistra classica. Vuole scavalcare Renzi a destra?

«Non posso essere simultaneamente accusato di essere a destra di Renzi e a sinistra della sinistra. Io ragiono con la mia testa e ritengo che le trasformazioni nel mondo del lavoro ci debbano far considerare l'attuale pluralità delle prestazioni. Il lavoro autenticamente autonomo va protetto e credo, in questo senso, di avere fatto un mio passaggio di evoluzione politica e culturale».

Colpisce sentire lei e leggere Il Manifesto in difesa delle partite Iva. Non sono evasori di default?

«La realtà ci deve aiutare a riconsiderare la nostra posizione. È cambiato il mondo del lavoro, non noi. Rimango dell'idea che si debbano cancellare gradualmente i lavori coordinati e continuativi e a progetto, il lavoro a chiamata e il job sharing e, in generale, tutte le forme di lavoro che portano precarietà».

Non è che poi rivaluterete anche questi contratti e scoprirete che rispondono a vero lavoro?

«Da ministro ho disciplinato e mantenuto il lavoro a chiamata solo per i settori ad alta flessibilità. La ristorazione, gli stagionali, il turismo. Non si tratta di cambiare superficialmente idea a ogni pie' sospinto, ma di mantenere una coerenza. Io guardo con grande interesse al lavoro reale dei giovani».

Lei è stato sindacalista della Fiom. Pensa che oggi sia più debole un metalmeccanico o un giovane con la partita Iva?

«Da molti

decenni, da quando è prevalsa la logica di una flessibilità che porta precarizzazione, sono più deboli le partite Iva. Ma io non credo alla teoria secondo la quale per dare più tutele ai deboli si debba toglierle ai forti».

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