L'Italia non può limitarsi a un aiutino contro l'Isis

All'Italia politica viene la tremarella quando il gioco si fa duro e bisogna menare le mani

L'Italia non può limitarsi a un aiutino contro l'Isis

I russi mandano armi e consiglieri militari per aiutare il regime di Assad a combattere il terrorismo. La Francia ha annunciato che comincerà a bombardare le bandiere nere non solo in Irak, ma pure in Siria. L'Inghilterra ha già fatto secchi con un attacco mirato dal cielo i terroristi di origine britannica che volevano far saltare in aria la regina Elisabetta. L'Australia ha annunciato che si unirà ai raid contro il Califfato in Siria. E noi no.

I paracadustisti italiani nel nord dell'Irak hanno le mani legate. La loro missione è addestrare e armare i curdi per mandarli a combattere al fronte al posto nostro. Dal Kuwait, dove abbiamo dispiegato 4 caccia Tornado e dei droni, decolliamo solo per scattare foto e filmati degli obiettivi che verranno colpiti dagli alleati. Per lo Stato islamico fa lo stesso, ma le nostre forze sul terreno utilizzano solo il 30% delle potenzialità per motivi politici. Diamo un aiutino alla guerra contro il Califfo, ma fino ad un certo punto.

Peccato che i corpi speciali francesi in Kurdistan vadano ogni giorno a caccia di jihadisti assieme agli alleati curdi impegnati su un fronte lungo mille chilometri. Gli americani sono in prima linea durante le offensive dei Peshmerga per strappare terreno al Califfato con il compito di indirizzare i bombardamenti dal cielo. Altrimenti sarebbe dura avanzare. Ogni notte sotto le tende della nostra base ad Erbil, capoluogo del Kurdistan, si sente il via vai di elicotteri e caccia a stelle e strisce che hanno dichiarato guerra al Califfo.

Le prime aliquote del 9° reggimento Col Moschin sono già arrivate al sud, nella zona sciita, ma solo per addestrare, almeno per ora. I corpi speciali italiani dovrebbero venir inviati anche in Kurdistan, ma avrebbero le mani legate se non possono agire in prima linea. Ovvero fare il mestiere per cui sono stati preparati, che serve come il pane all'armata curda un po' Brancaleone.

Oggi, anniversario mezzo dimenticato dell'11 settembre, governo e Parlamento non dovrebbero dimenticare che la guerra al terrore continua. Al Qaida è stata sostituita da una minaccia peggiore e per fermare le bandiere nere bisogna combattere. Sinjar, città yazida ripulita etnicamente dal Califfato, è ridotta ad un fantasma di rovine in cemento armato. I curdi sono attestati in periferia. Senza gli attacchi aerei alleati, che centrano mortai e mitragliatrici pesanti degli uomini neri i Peshmerga avrebbero vita ancora più dura. Al fronte di Sinjar hanno utilizzato un lanciarazzi controcarro Folgore fornito dall'Italia, ma dopo 15 colpi si è inceppato. I nostri caccia si limitano a voli di ricognizione senza sganciare le bombe per cui sono stati comprati ed i piloti addestrati. In Afghanistan ci abbiamo messo anni prima di capirlo e far attaccare dal cielo le postazioni talebane. In Irak ed eventualmente Siria non possiamo perdere tutto questo tempo per pruriti pacifisti o buonisti.

Se in Europa si sta riversando una valanga di gente in fuga dal Medio Oriente bisogna andare alla radice dell'instabilità estirpando manu militari le bandiere nere, che in gran parte l'hanno provocata. Un domani la rinata stabilità fermerà automaticamente il flusso di migranti. I russi, che non vanno per il sottile, l'hanno capito da tempo. Ieri il ministro egli Esteri, Sergej Lavrov, ha confermato un segreto di Pulcinella. Mosca manda aiuti militari e consiglieri a Damasco. A parte il puntellamento al potere di Assad, l'obiettivo è combattere il terrorismo, lo stesso dell'Occidente.

All'Italia politica viene la tremarella quando il gioco si fa duro e bisogna menare le mani.

E pensare che la missione militare in Irak è stata chiamata Prima Parthica dal nome della legione romana di Settimio Severo, che verso la fine del secondo secolo dopo Cristo si spinse fino in Mesopotamia. Seimila uomini che avevano piazzato il loro campo proprio a Sinjar, la città martire yazida. E i legionari certo non si limitavano ad addestrare i locali, ma combattevano.

www.gliocchidellaguerra

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