"Abominevoli gli abusi del prete"

Le motivazioni della condanna di don Galli. Niente reati per la Curia

"Abominevoli gli abusi del prete"

Luca Fazzo

Milano Il comportamento di don Mauro Galli, prete della parrocchia di Rozzano, fu «abominevole»: ma non c'è traccia di reati commessi dai vertici della Curia di Milano per proteggerlo. Questa è la conclusione cui sono arrivati i giudici chiamati a giudicare il sacerdote accusato di violenza sessuale, ma anche a districarsi in un processo su cui l'ombra delle inerzie e delle coperture fornite dai superiori si è fatta sentire a lungo. Anche perché il più alto in grado, tra i superiori di don Galli coinvolti nella vicenda, era Mario Delpini: allora vicario episcopale, oggi Arcivescovo di Milano. E che proprio per il suo ruolo nell'affaire, si disse, vide sfumare l'anno scorso la promozione a cardinale.

Nelle ventuno pagine delle motivazioni depositate ieri dal giudice Ambrogio Moccia, al tema delle coperture viene dedicata solo una nota a piè di pagina, ma assai esplicita. Il giudice se la prende con il clima di «anticlericalismo tematico» che «è parso materializzarsi nell'intorno del processo». Un clima che secondo il giudice «non sembra trovare nell'attualità alcuna legittimazione storica», visto «l'atteggiamento da tolleranza zero della massima impersonificazione della Chiesa militante, cioè il Papa, verso i casi accertati di pedofilia». Quanto al ruolo diretto di Delpini, che dopo avere appreso dei contatti tra don Galli e un giovane parrocchiano, si limitò a spostarlo di parrocchia, il giudice ricorda che «il comportamento delle autorità ecclesiastiche milanesi non ha suscitato nel pm alcun impulso ad esercitare l'azione penale».

Assai severe, per il resto, le valutazioni sul comportamento di don Galli, che dopo avere invitato un quindicenne a passare la notte in canonica e averlo fatto accomodare nel proprio letto, si lasciò andare a atti di libidine, palpeggiamenti, tentativi di penetrazione: comportamenti che la vittima riferì con dettagli via via sempre più gravi, e proprio su questa varietà di versioni la difesa di don Galli ha puntato per negare tutto (tranne l'ospitalità in casa e nel letto). Ma per il giudice proprio l'evoluzione testimonia la «sofferta spontaneità» delle accuse del ragazzo.

L'assalto notturno, d'altronde, non fu che il frutto di «una concupiscenza già sollecita da unilaterale impulso di attrazione fisica», compiuto «abusando della qualità di ministro del culto cattolico». Da qui la condanna a sei anni e quattro mesi.

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