Abu Omar, Mattarella grazia due condannati

Il Capo dello Stato ha firmato tre decreti di grazia. Due riguardano Betnie Medero e Robert Seldon Lady, condannati per il sequestro di Abu Omar del febbraio 2003. Grazia anche a Massimo Romani, condannato in Thailandia per detenzione di droga

Abu Omar, Mattarella grazia due condannati

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato tre decreti di grazia. Due di essi fanno riferimento ad agenti della Cia rimasti coinvolti nel rapimento di Abu Omar, avvenuto nel febbraio 2003.

La grazia concessa, si legge in un comunicato del Quirinale, riguarda "la pena ancora da espiare (tre anni di reclusione) a Betnie Medero, estesa anche alla pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici, e a Robert Seldon Lady, condannato a nove anni di reclusione, la grazia parziale di due anni. Entrambi i destinatari del provvedimento di clemenza sono stati condannati, in concorso tra loro e con altre ventiquattro persone, per il reato di sequestro di persona, avvenuto a Milano nel febbraio del 2003 (il caso Abu Omar, ndr). Nessuno dei due si trova attualmente in Italia". La decisione tiene conto del parere favorevole formulato dal ministro della Giustizia a conclusione della prevista istruttoria.

Abu Omar era il predicatore estremista della moschea milanese di via Quaranta. Nel febbraio 2003 una squadra di agenti della Cia lo rapì, a Milano, e lo consegnò all'Egitto, dove in carcere (come da lui sostenuto) fu torturato. Sul caso fu posto il segreto di Stato (deciso da quattro governi uno dopo l'altro). Una sentenza del 2013 lo ha dichiarato responsabile di terrorismo internazionale, per avere reclutato per conto di una costola di al Qaeda (accusata di preparare attentati non solo all'estero ma anche in Italia), "adepti pronti a martirio" da inviare in Kurdistan. Tra il 2001 e il 2003 la moschea milanese diventò un centro di indottrinamento e arruolamento per terroristi, dove l'imam incitava alla guerra "di tutti i musulmani contro tutti i non musulmani". Tornato libero, attualmente Abu Omar fa il macellaio al Cairo.

I due della Cia graziati

Robert Seldon Lady era il capo centro della Cia a Milano. A "Bob", come era chiamato da tutti, fu inflitta la condanna più alta, 9 anni di reclusione. Considerato la "mente del sequestro", tenne anche i contatti con gli uomini del Sismi. Risulta presente in Egitto quando venne trasportato l’imam prelevato da Milano. Nel luglio del 2013, l’uomo è stato arrestato a Panama sulla base di un mandato di cattura internazionale firmato dal ministro della Giustizia italiano. Ma, invece di essere estradato nel nostro Paese, fu rispedito negli Usa. Nel settembre del 2013 Seldon Lady ha scritto una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, chiedendo la grazia, già concessa dallo stesso capo dello Stato ad un altro dei partecipanti alla "rendition", il colonnello Joseph Romano. "Il rimedio che le chiedo - si legge nella lettera - è lo stesso che l’Italia sta sollecitando nel deplorevole caso dei fucilieri di Marina. Io non indossavo la divisa, ma ero lo stesso un soldato della guerra al terrorismo, avevo l’immunità".

All’epoca seconda segretaria all’ambasciata degli Stati Uniti a Roma, l’agente della Cia Betnie Madero è stata condannata a sei anni di reclusione dalla Corte d’Appello di Milano per sequestro di Abu Omar. La donna, secondo i giudici, ha preso parte alla fase preparatoria ed esecutiva del rapimento, fino al trasferimento di Abu Omar nella base aerea di Aviano. La Corte ha negato l’immunità diplomatica per la donna, che era stata invece riconosciuta in primo grado, perchè, ha evidenziato la Cassazione che ha confermato il verdetto di secondo grado, Madero agì "non già nell’esercizio delle funzioni di membro della missione diplomatica, bensì nelle vesti di responsabile ad alto livello dell’organizzazione in Italia della Cia".

Il terzo graziato, un caso di droga

Il Quirinale ha concesso a Massimo Romani "la grazia totale della pena ancora da espiare, relativa alla condanna ad anni trenta di reclusione, inflittagli a seguito del riconoscimento, da parte della competente Corte di appello, della sentenza thailandese di condanna alla pena di quaranta anni di reclusione (ridotti a trenta in Italia), per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti. L'esecuzione della pena detentiva è in corso dal 17 aprile 2008, dapprima in Thailandia e dall'agosto 2014 in Italia".

La decisione, prosegue la nota del Quirinale, tiene conto dell'avviso favorevole espresso dal ministro della Giustizia a conclusione della prevista istruttoria nella valutazione della domanda di grazia. Il Capo dello Stato - si legge ancora - ha considerato i pareri favorevoli formulati dalle competenti autorità giudiziarie.

"Essi si sono basati sulla circostanza che la pena detentiva già scontata dal Romani è superiore a quella normalmente inflitta in Italia per fatti analoghi. E' stato considerato, inoltre, il buon comportamento tenuto dal condannato durante la detenzione, protrattasi complessivamente per sette anni e dieci mesi".

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