Quando un magistrato - e Nino Di Matteo è il magistrato antimafia più famoso d'Italia - si schiera a favore di un partito, che è il M5S, si espone al sospetto che i suoi atti giudiziari non siano imparziali. Ecco perchè oggi che Silvio Berlusconi si ritrova indagato per le stragi mafiose dalla Procura di Firenze, su input del pm di Palermo, quel sospetto è legittimo. Anche per la tempistica.
Che il leader di Forza Italia sia un avversario temibile per Grillo & company è evidente e la notizia arriva alla vigilia del suo arrivo in Sicilia, per le elezioni regionali di domenica in cui si fronteggiano il candidato governatore del centrodestra Nello Musumeci e quello del M5S Giancarlo Cancelleri. Elezioni che avranno una forte ricaduta sul voto nazionale di primavera e prima di allora potrebbe arrivare la sentenza di Strasburgo sulla candidabilità di Berlusconi.
Su tutto questo peserà la nuova inchiesta. E Di Matteo, pm del processo sulla Trattativa Stato-mafia che ha colpito anche il Quirinale, ha espresso le sue simpatie per i 5Stelle, lodandone il codice etico e partecipando con il collega Piercamillo Davigo ad incontri pubblici, è stato indicato come futuro ministro dell'Interno di un governo grillino e gli sarebbe stata offerta anche la candidatura a governatore in Sicilia. Al convegno del M5S sulla giustizia a Montecitorio di fine maggio, disse che non lo «scandalizzava» l'impegno politico di un pm, solo che doveva essere una scelta «definitiva». Senza smentire la sua disponibilità per il Viminale.
Ecco allora che il fatto che Di Matteo abbia sollecitato i colleghi fiorentini per l'apertura di una nuova inchiesta, per riproporre le accuse contro il Cavaliere archiviate nel 2011, ha il suo peso. A settembre, alla commissione parlamentare Antimafia, aveva detto proprio questo: che il processo sulla Trattativa non bastava più e bisognava andare oltre, partendo appunto dalle frasi intercettate del boss mafioso Giuseppe Graviano. Frasi che per i pm indicherebbero in Berlusconi il «mandante» delle stragi del 1992-1993.
Ora il suo desiderio di riaprire la partita giudiziaria contro il Cav è stato esaudito, ma il sospetto che tutto rientri una strategia politica, come evitarlo? Di Matteo, sotto scorta dal 1993, è ora sostituto alla Direzione nazionale antimafia, ma concluderà il processo di Palermo, ereditato dall'altra toga passata (senza successo) alla politica, Antonino Ingroia e il 14 dicembre pronuncerà la sua requisitoria. Ha più di 100 cittadinanze onorarie, anche quella consegnatagli dalla sindaca grillina di Roma Virginia Raggi. E il suo futuro, giurano in tanti, sarà in politica. Avrà messo in conto le accuse, pronto ad appuntarsele sul petto come medaglie.
«Come sempre da oltre 20 anni, a ridosso di una competizione elettorale, a pochi mesi dalle elezioni nazionali e nel giorno in cui Berlusconi sarà in Sicilia, è stata pubblicata la notizia di una nuova indagine nei suoi confronti», protesta il senatore-avvocato di Fi Niccolò Ghedini, chiedendo al Guardasigilli Orlando di indagare sulla fuga di notizie. «Ridicolo indagare Berlusconi per le stragi di mafia», dice il leader della Lega Matteo Salvini. «Altra campagna elettorale, altra indagine su Berlusconi», fa eco la presidente di Fdi Giorgia Meloni.
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