Come andrà a finire il dopo Renzi? Sarà l'assemblea del Pd a eleggere il nuovo segretario, un congresso o le primarie? Dovrebbero prevalere le prime due ipotesi. Sembra esclusa, invece, l'ipotesi delle primarie. Di certo si sa soltanto che la direzione nazionale, convocata per lunedì alla 15, dovrà decidere il percorso post voto, già segnato dalle dimissioni del segretario. Vediamo come andarono le cose in passato: le dimissioni di Walter Veltroni e poi quelle di Pier Luigi Bersani. Alla fine la scelta è sempre questa: voto in assemblea o si va a congresso. Guglielmo Epifani, chiamato "reggente", in realtà fu eletto segretrio dall’assemblea nazionale del Pd con l’85% dei consensi. Poco dopo si tennero le primarie che videro l'affermazione di Renzi. Allo stesso modo fu eletto, nel 2009, Dario Franceschini, succeduto a Veltroni.
Nei giorni scorsi si è parlato di Maurizio Martina, ministro dell’agricoltura e vice segretario del Pd, come "reggente". Ma sarebbe forse più corretto parlare di "traghettatore", con il compito di portare il partito ad eleggere il nuovo segretario in tempi ragionevolmente brevi. C'è solo una differenza importante tra un segretario eletto dall’assemblea e uno scelto con le primarie: nel primo caso la scadenza del mandato è quella naturale del congresso (ovvero nel 2021). Nel secondo caso, invece, il mandato del segretario dura i quattro anni previsti dallo Statuto. Pare che i renziani prediligano una soluzione assembleare, e ci sono già alcuni nomi che circolano, in primis quello del ministro alle Infrastrutture e Trasporti, Graziano Delrio. Se andasse in porto questa ipotesi Delrio potrebbe tranquillamente restare in carica per l’intero mandato. Se invece emergesse un accordo di basso profilo, con l'individuazione di un "traghettatore", si aprirebbe la strada a un congresso anticipato, da tenersi nel 2019.
Intanto bisogna registrare la "discesa in campo" di Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, che sulle pagine di Repubblica fa saper di essere "pronto per correre alle primarie del Pd". Il suo, senza dubbio, non è un nome di secondo piano.
Il ministro Andrea Orlando, leader della minoranza dem, ha parlato di "buona notizia per il Pd". Nel gruppo dirigente del Pd, tuttavia, c’è chi invita a lasciar perdere i nomi, dando pieno mandato a Martina di definire un percorso di ricostruzione del nuovo centro sinistra, portandola all’opposizione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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