Oggi raccontiamo una storia di ordinaria follia amministrativa ovvero burocratica che farà rimanere a bocca aperta i lettori. I quali sanno che i carabinieri e gli agenti di Pubblica sicurezza vanno in giro armati di pistola d'ordinanza quando sono in servizio. Trattasi di Beretta modello 98/FS calibro 9 parabellum, una vera e propria arma da guerra i cui proiettili sono perforanti, per cui se entrano nel corpo umano, ne escono proseguendo in una traiettoria incontrollabile da parte di chi ha premuto il grilletto.
Tale pistola è assai ingombrante e pesante al punto da essere inoccultabile. A causa di ciò, carabinieri e poliziotti, quando non impegnati in attività professionali, per anni hanno usufruito della possibilità di ottenere un porto d'armi che consentiva loro di acquistare e utilizzare una rivoltella più piccola e maneggevole per difesa personale. Chi per mestiere fa il tutore dell'ordine è addetto d'ufficio a indagini delicate (per esempio sulla criminalità organizzata), e rischia di subire vendette, fino a rimetterci in certi casi la pelle. Quindi è opportuno che non si faccia cogliere impreparato in caso di aggressione. Come? Tenendo una pistola in tasca o nel fodero.
È sempre stato così. Adesso non più. Non tutti i prefetti concedono il porto d'armi ad agenti e a militari cosiddetti fedeli nei secoli. Perché? Il ministero degli Interni ha riesumato una circolare degli anni Trenta in base alle quale i citati servitori dello Stato, se fuori servizio, hanno sì facoltà di circolare armati ma solo della pistola d'ordinanza, quella da guerra, e non di una pistola più acconcia, di dimensioni ridotte. Qual è la ratio di questa disposizione insensata? È un mistero che non esitiamo a definire idiota. Infatti, non si comprende perché un militare sia autorizzato in ogni circostanza a portarsi addosso una Beretta parabellum, ma non sia abilitato a impugnare all'occorrenza un revolver meno ingombrante, non letale, in una parola più difensivo che offensivo.
In questo diktat c'è qualcosa di schizofrenico e, quindi, di illogico. Io posso andare in giro con un cannone anche se mi reco al cinema, però mi è vietato avere in saccoccia una pistolina onde garantirmi un minimo di protezione da eventuali malintenzionati. C'è poi un aspetto comico che non va sottaciuto. Ancora a titolo esemplificativo: il prefetto di Bergamo boccia la richiesta di porto d'armi inoltrata da un carabiniere, pur consapevole che questi ha facoltà di tutelarsi con il suddetto «cannone» Beretta parabellum; mentre il prefetto di Parma non ha difficoltà a concederglielo. Da quando in qua ciò che vale a Parma non vale a Bergamo o a Messina o ad Aosta?
Se ne deduce che l'Italia ha federato soltanto la stupidità. In mancanza di un ordine buono per tutti, è fatale che si incrementi il caos, si affermi l'arbitrarietà come criterio di giudizio e trionfi la scemenza.
Da notare che il porto d'armi è stato revocato anche a coloro che lo possedevano da vent'anni; così, all'improvviso, in ottemperanza a una contraddittoria norma ripescata, dopo quasi un secolo, nei fondali delle leggine vintage . Che ogni prefetto interpreta a piacimento. Non basta: il pluricitato porto d'armi viene negato a carabinieri e poliziotti, ma accordato a tabaccai, droghieri, vigilantes e farmacisti per il solo fatto che costoro gestirebbero parecchio contante. Dal che si evince che per il nostro legislatore acefalo vale maggiormente una mazzetta di banconote che non la vita di un agente.
Invochiamo un intervento del governo affinché rimedi a questa imperdonabile sciocchezza, che è pari a quella che stabilisce la dotazione di auto per le caserme provinciali dei carabinieri.
Occorre precisare che le stazioni dell'Arma, mediamente, hanno in garage due Fiat Punto, ottime per portare la famiglia a Cesenatico, ma non per inseguire i banditi che si dileguano su potenti Bmw. Servirebbe appellarsi al ministro Angelino Alfano, ma questi ci udirebbe?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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