Alessio, ultimo re della Suburra zingara

Il giovane stupratore fa parte dei Seferovic, uno dei clan che domina Roma

Alessio, ultimo re della Suburra zingara

Roma - «Sono imparentato con i Casamonica», raccontava Alessio il Sinto, nome di battaglia di Mario Seferovic, il ventenne gitano che ha materialmente abusato di due ragazzine conosciute in chat. Selfie a petto nudo tatauggi, foto di pistole dorate e abiti griffati. Basta uno sguardo alle sue pagine sui social network per capire che il mondo criminale dorato dei Casamonica, il clan rom che domina buona parte dei traffici criminali della capitale, per «Alessio» era il mito da inseguire, un modello di successo.

I Casamonica sono un grande clan, composto da oltre 900 persone, cresciuto imponendo anche con la forza il proprio primato nella gestione di affari che rendono bene, come prostituzione e usura. Non è ancora chiaro se Mario Seferovic fosse davvero imparentato con i Casamonica, ma è vero che il potere della famiglia che controlla la suburra romana è cresciuto anche grazie all'usanza tradizionale di combinare matrimoni con gli altri clan, per creare preziose alleanze. I capi dei Casamonica si vantano spesso del loro «codice d'onore» che escluderebbe l'omicidio. In realtà spesso la violenza viene appaltata ad altri gruppi, anche reclutati all'interno dei campi rom, piaga che le amministrazioni comunali di Roma hanno promesso di suturare e poi, puntualmente, hanno alimentato con appalti milionari finiti al centro di processi per corruzione.

In questa geografia criminale, i Seferovic, hanno un posto d'onore. Il cognome di origine bosniaca, ricorre in una impressionante sequenza di episodi violenti, a Roma e non solo. L'ultimo è il rogo nel quartiere di Centocelle, dove tre sorelle rom sono morte nel rogo di un camper. Con l'accusa di aver innescato l'incendio sono stati arrestati quattro rom, tutti con lo stesso cognome: Seferovic. I quattro erano scappati in Bosnia dopo il clamore suscitato dalla morte di Elisabeth, Francesca e Angelica. La ragazza e le due bimbe si chiamavano Halilovic, che è il cognome dell'altro ventenne arrestato per lo stupro delle ragazzine romane agganciate su Facebook: Maikon Bilomante Halilovic. Una rivalità sfociata nello scorso gennaio in una maxi rissa nel campo rom dominato dalle due famiglie, l'insediamento di via di Salone, alla periferia della capitale.

Serif Seferovic, uno dei quattro arrestati per il rogo di Centocelle, era già stato condannato per lo scippo ai danni di una turista cinese, che era poi morta schiacciata da un treno mentre tentava di inseguire i ladri. Il giovane era tornato in libertà dopo pochi giorni, nonostante la condanna a due anni di carcere. E un altro Seferovic, Senad, è stato protagonista di un caso che ha infiammato il dibattito politico nel 2012. Lui e il fratello erano stati rinchiusi in un Cie a Modena in attesa di espulsione. I legali della famiglia avevano però vinto il ricorso contro l'espulsione, perché erano nati in Italia.

E Cecile Kyenge, allora non ancora ministro, aveva elogiato il giudice, parlando di precedente a favore dello ius soli. A febbraio Senad è stato condannato per aver aggredito i carabinieri e percorso otto chilometri contromano sull'autostrada A4 tentando di sfuggire alla cattura.

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