Roma - Paolo Gentiloni avverte il momento di difficoltà. Il premier incassa il via libera della Camera dei deputati sull'abolizione dei voucher ma deve fare i conti nella maggioranza con lo strappo tra Pd e Alternativa Popolare che rischia di destabilizzare il Governo.
È la prima vera accelerata verso il voto anticipato da quando il premier ha messo piede a Palazzo Chigi. Il doppio scontro su voucher e presidenza della commissione Affari Costituzionali indebolisce la tenuta dell'esecutivo. Il fuoco incrociato su Gentiloni arriva sia dai renziani che dal partito di Angelino Alfano. Il ministro degli Esteri è cascato nella trappola preparata dai renziani: il rottamatore fiorentino aveva bisogno di un «utile colpevole» per aprire la corsa alle elezioni. È Alfano il colpevole perfetto per staccare la spina al governo, anticipare la fine della legislatura e scaricare le colpe sul titolare della Farnesina.
Il leader di Alternativa Popolare ha reagito tardi quando il piano dei renziani era già in fase avanzata ma soprattutto dopo che aveva prodotto la prima rottura politica nella maggioranza in occasione dell'elezione del presidente della commissione Affari Costituzionali in Senato: «Nessuno è nato ieri. Non ci prestiamo al giochino, se qualcuno cerca pretesti lo dica chiaro e si assuma la responsabilità di chiedere elezioni anticipate», ha dichiarato Alfano nel corso della conferenza stampa per presentare la proposta di legge di Ap sulla riforma dei voucher. «Non siamo ingenui ha continuato il ministro - ho letto le dichiarazioni di Orfini che considero surreali. Se c'è stata una frana nella maggioranza in commissione Affari Costituzionali, il Pd invece di attaccare gli altri dovrebbe chiedersi perché questo è accaduto». E infatti, lo strappo avvenuto sull'elezione di Salvatore Torrisi alla presidenza della commissione Affari Costituzionali pare abbia una genesi ben precisa: l'arroganza di Matteo Renzi che aveva imposto il nome di Giorgio Pagliari. Un atteggiamento da bullo che avrebbe spinto le altre forze politiche ad affossare il candidato renziano eleggendo il senatore Torrisi. Un passaggio politico che ha aperto una crepa nella maggioranza: i renziani subito sono andati all'attacco contro Gentiloni. C'era già anche il colpevole della crisi di governo: Alfano. Tutto secondo i piani dell'ex segretario del Pd.
Il ministro degli Esteri ha provato a scrollarsi l'etichetta del boia dell'esecutivo, chiedendo a Torrisi di lasciare l'incarico. Ma il neopresidente della commissione Affari Costituzionale ha risposto picche: «Mi sembra inconcepibile, assolutamente irrituale. Sono preoccupato per Alfano. Manco il partito comunista sovietico faceva queste cose». Alfano ne ha preso atto, annunciando che Torrisi «non rappresenta Ap al vertice della commissione». Più che una scomunica il messaggio del titolare della Farnesina appare come un avvertimento a Torrisi che può contare a Palazzo Madama su una truppa di alfaniani pronta a seguirlo. Il nodo della commissione non si sblocca e tiene in ostaggio Gentiloni. Renzi si mostra addolorato ma in fondo gongola perché il premier è sempre più isolato e debole: «Questi sono giochini da prima repubblica. Dell'elezione del presidente della commissione Affari costituzionali agli italiani non interessa nulla - ha detto l'ex premier- Fatemi dare un abbraccio a Pagliari, vittima di sgarbo istituzionale». Vittima, semmai, del piano dei renziani di voler anticipare il voto.
C'è ancora un altro ostacolo: il Colle. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella vuole che si vada al voto con sistemi elettorali omogenei: un punto su cui il Quirinale non intende cedere. Nemmeno dinanzi ai giochetti di Renzi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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