«La scelta strategica deve essere di partecipare maggiormente all'Ue, altrimenti l'economia italiana potrebbe finire nei gorghi di un nazionalismo mediterraneo molto simile a quelli sudamericani». A lanciare l'allarme ieri è stato il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, durante l'assemblea annuale dell'associazione bancaria. «Questa primavera in Argentina, il tasso di sconto ha perfino raggiunto il 40% con la lira italiana, mentre negli anni Ottanta il tasso di sconto fu anche del 19%», ha ricordato paventando il rischio di una serie di cacerolazos (le proteste di piazza con le pentole per il blocco dei conti correnti) anche nel nostro Paese. Patuelli, prudente e liberale, raramente ha alzato i toni in passato (eccezion fatta per le invettive contro le nefaste conseguenze del bail-in), dunque la sottolineatura è importante. Secondo il presidente dell'Abi, l'Italia deve impegnarsi maggiormente in Europa «anche con un portafoglio economico nella prossima Commissione Ue» per incidere sulle riforme dell'Unione bancaria.
Perché questa sortita se il governo giallo-verde non ha preso ancora nessuna iniziativa hard in tema di politica economica? La risposta l'ha fornita poco dopo il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. «Politiche di sostegno della domanda vanno dosate con cura, ponendo attenzione all'equilibrio dei conti pubblici e alla necessità di tenere sotto controllo la dinamica del rapporto tra debito e prodotto», ha detto alla platea di banchieri sottolineando che «sarebbe rischioso basarsi solo su di esse nel tentativo di uscire dalla trappola della bassa crescita in cui l'Italia si trova da lungo tempo». E poiché «le riforme hanno perso slancio, davanti a una nuova crisi saremmo oggi molto più vulnerabili di quanto lo eravamo dieci anni fa». Ecco perché «mantenere condizioni ordinate sul mercato dei titoli di Stato è indispensabile».
Il messaggio è chiaro: il combinato disposto reddito di cittadinanza-dual tax potrebbe portare l'Italia nella spiacevole condizione di essere accompagnata alla porta dagli altri partecipanti all'Eurozona. Un'ipotesi che il ministro degli Affari Ue, Paolo Savona, considera in maniera molto seria. «Banca d'Italia mi ha insegnato a essere pronti non ad affrontare la normalità ma il cigno nero, lo choc straordinario», ha detto in audizione dinanzi alle commissioni Politiche Ue di Camera e Senato citando la teoria dell'imprevisto di Nassim Taleb. «Badate che possiamo trovarci nelle condizioni in cui non siamo noi a decidere ma siano altri», ha aggiunto rimarcando che «stiamo vivendo al di sotto delle risorse, a causa dei vincoli Ue», ma che tuttavia non si può non «tener conto» delle oscillazioni dello spread nell'attuazione del programma di governo. Savona, poi, è andato a Francoforte per incontrare il presidente della Bce, Mario Draghi.
Di fronte a tutte queste osservazioni il ministro dell'Economia, Giovani Tria, ha replicato che uno degli obiettivi resta sempre quello della riduzione del debito e dell'aggiustamento del saldo strutturale, finalità da contemperare assieme alle altre previste dal contratto di governo, ma «valutando attentamente quale sia la dinamica temporale di questo percorso più conveniente».
Non è un caso che ieri Tria abbia detto che intende alzare la voce in Europa sulla trasformazione del Fondo salva-Stati in una sorta di Euro-Troika e sul pacchetto bancario allo studio per costringere gli istituti a dismettere i titoli di Stato in portafoglio.
Anche Tria è in cerca di margini di manovra soprattutto sul tema investimenti pubblici. Come ha sottolineato il Ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, «la prossima manovra finanziaria misurerà la capacità di tenuta del debito pubblico».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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