All'inizio del 2017 i trattamenti pensionistici attivi erano di poco superiori ai 18 milioni dei quali 14,1 milioni hanno natura previdenziale (sono cioè legate ai contributi versati durante la vita lavorativa), mentre le restanti sono prestazioni assistenziali (invalidità e assegni sociali). La spesa connessa a queste posizioni è ammontata a 197,4 miliardi di euro, dei quali 176,8 a carico delle gestioni previdenziali (il resto, ça va sans dire, sono trasferimenti pubblici). È quanto emerge dall'ultima edizione dell'Osservatorio sulle pensioni dell'Inps nel quale si precisa che la rilevazione non include le gestioni dipendenti pubblici ed ex Enpals.
In particolare, si evidenzia una forte concentrazione degli assegni «nelle classi basse»: il 63,1% delle pensioni è inferiore ai 750 euro ma questa percentuale per le donne raggiunge il 76,5%. In questo caso il divario tra i due generi è accentuato. Per gli uomini la percentuale di prestazioni con importo inferiore a 750 euro scende al 45,1% e se si analizza la situazione della categoria vecchiaia si osserva che questa percentuale scende al 23,7%, e di queste solo il 23,3% è costituito da pensioni in possesso dei requisiti a sostegno del reddito. L'istituto guidato da Tito Boeri ha ribadito che tali statistiche non possono essere pedissequamente utilizzate come un indicatore di «povertà», per il fatto che molti pensionati sono titolari di più prestazioni pensionistiche o comunque di altri redditi. Solo il 44,9% (5.106.486) beneficia di prestazioni legate a requisiti reddituali bassi.
Queste oggettive situazioni di difficoltà, tuttavia, sono al centro della proposta politica di Silvio Berlusconi che, nell'ultimo incontro con i seniores di Forza Italia, ha posto al centro della prossima campagna elettorale proprio i problemi reddituali degli «over 65» proponendo l'innalzamento delle pensioni minime a mille euro, il sostegno per le cure dentarie, i prezzi di favore per i trasporti fino ai cinema gratis al pomeriggio.
Tra le altre statistiche da segnalare il fatto che più della metà (53,2%) delle nuove pensioni erogate, che sono state di poco superiori al milione, abbiano natura assistenziale. Si tratta di un effetto di trascinamento della riforma Fornero che progressivamente innalza i requisiti per l'accesso al pensionamento di vecchiaia. L'età media dei pensionati è di 73,7 anni, con una differenza tra i due generi di 4,6 anni (75,7 anni per le donne e 71,1 anni per gli uomini). Il 21,8% delle pensioni di vecchiaia è erogato a persone di età compresa tra 65 e 69 anni, fascia che rappresenta la maggiore concentrazione. Seguono l'intervallo 70-74 con il 21,4%, quello 75-79 con il 20,4% e quello 80-84 con il 14,7 per cento.
Negli ultimi cinque anni il numero delle pensioni è diminuito nel complesso del 2,7 per cento. L'analisi della distribuzione territoriale evidenzia che la maggior parte delle pensioni, il 48%, è percepito nelle regioni dell'Italia settentrionale, il 19,2% al Centro e il 30,6% al Sud.
Il restante 2,2% è erogato a soggetti residenti all'estero. Al Nord si ha una maggiore concentrazione delle categorie vecchiaia e superstiti, seguito da Centro e Mezzogiorno, mentre l'ordine si inverte per quanto riguarda le prestazioni assistenziali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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