Una valanga con persone sepolte, un incidente sugli sci, la caduta di un alpinista da una parete, persino un attentato ad alta quota. Emergenze in un ambiente di per sé insidioso. E se gli alpini, che sanno resistere in condizioni estreme, sono come ama dire il loro comandante «soldati al quadrato», allora gli alpini soccorritori sono «soccorritori al quadrato». Con un addestramento militare, mezzi terrestri e aerei da combattimento al servizio della popolazione civile e un equipaggiamento altamente tecnologico.
Le Squadre soccorso degli alpini sono presenti sulle piste da sci di 23 comprensori del Nord Italia e dell'Abruzzo. Sono impiegati circa 200 uomini e donne, scelti tra i migliori sciatori dei reggimenti e formati al Centro addestramento alpino di Aosta. Sono in media 3mila gli interventi fatti sulle piste ogni anno. Ci sono poi le squadre di soccorso pronte a entrare in azione in tutto il Paese in caso di calamità, come è stato ad esempio a Rigopiano nel gennaio del 2017. L'occasione di addestramento più importante per gli alpini soccorritori sono i Casta, i Campionati sciistici delle truppe alpine. È qui che vengono messe in campo le azioni più spettacolari e le attrezzature più avanzate, dimostrando cosa può fare una Squadra soccorso degli alpini quando si verifica un'emergenza. Il casco con visore notturno al posto del cappello con la penna nera, la mimetica bianca, l'asta con la sonda da valanga al posto del piccone, in tutto 25 chili di equipaggiamento: gli alpini soccorritori si accampano a oltre mille metri e per una settimana si affrontano in gare e si confrontano in esercitazioni. La 71esima edizione dei campionati si è appena conclusa. In Alta Pusteria e Cadore hanno partecipato 2mila militari da 11 Paesi. Oltre alle gare (biathlon, scialpinismo, fondo, slalom gigante) dopo i fatti di Rigopiano una parte fondamentale dei Casta sono diventate le operazioni di addestramento. In alcuni momenti al fianco delle altre organizzazioni che si occupano si soccorso in montagna, come gli altri reparti dell'esercito, carabinieri, Guardia di finanza, Protezione civile, vigili del fuoco, Corpo nazionale soccorso alpino. Nell'operazione simulata «Aquila blu», a Misurina, gli alpini hanno affrontato un gruppo di attentatori che volevano sabotare una centrale idroelettrica. I militari sono stati paracadutati, hanno creato una postazione difensiva, bloccato le vie di accesso e fronteggiato il nemico in uno scontro a fuoco.
Nella prova «Lupo bianco 2019», quella di soccorso in notturna, è stata ricreata l'emergenza di una valanga che ha sepolto diverse persone, con un uomo caduto in un lago gelido e un'altra auto con guidatore schiacciata da un albero caduto. In queste situazioni la tempestività è tutto. Le probabilità di sopravvivenza in climi estremi sono del 90 per cento, se il soccorso arriva entro 18 minuti. Scendono al 34 per cento entro 34 minuti e al 20 per cento se le squadre intervengono dai 35 ai 90 minuti. Qui gli alpini soccorritori sono scesi dagli elicotteri con la tecnica del fast rope (calandosi con una corda senza imbragatura), che permette di portare 30 militari in soli due minuti dove non è possibile atterrare. Le vittime sono state recuperate con il verricello o caricate in motoslitta, le persone travolte trovate da sondatori e spalatori. «Per evitare il peggio in montagna - consiglia il comandante delle truppe alpine, il generale di Corpo d'armata Claudio Berto - bisogna sempre affrontarla con rispetto, quasi con timore reverenziale. La montagna dà tanto, ma sa essere altrettanto pericolosa.
Le condizioni possono mutare all'improvviso, rendendo difficile e rischioso ciò che prima era semplice. Chi si approccia a questi luoghi deve avere una certa preparazione fisica e il giusto equipaggiamento che gli permettano di fronteggiare le difficoltà e deve informarsi sulle condizioni ambientali e climatiche».
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