Altra stretta sul credito Berlino e Parigi riscrivono le regole delle banche

L'ok dei ministri economici dei governi Ue. Italia e Grecia, impotenti, si astengono

Altra stretta sul credito Berlino e Parigi riscrivono le regole delle banche

I ministri delle Finanze dell'Unione Europea ieri hanno approvato un ampio pacchetto per ridurre il rischio nel settore bancario. L'accordo è stato raggiunto dopo una lunga trattativa tra Germania e Francia. Ma senza il voto di Italia e Grecia. Durante la discussione nella riunione dell'Ecofin, infatti, il rappresentante l'Italia (l'ambasciatore presso l'Unione europea, Maurizio Massari, visto che manca ancora il successore di Pier Carlo Padoan al Mef), ha annunciato la sua astensione sulla proposta di compromesso presentata dalla Bulgaria, presidente di turno dell'Ue.

L'Italia si è opposta per una questione di principio: finora si è puntato solo sulla riduzione dei rischi, cara alla Germania, e poco e niente sulla condivisione. Un approccio che non è mai piaciuto al ministro uscente, Padoan, e che, è facile immaginare, non piacerà nemmeno al nuovo governo, che quelle stesse regole bancarie vuole modificare ma non certo in senso più restrittivo.

Il dossier che dà una nuova stretta ai requisiti per le banche allo scopo di ridurne ulteriormente i rischi ha comunque passato l'esame dell'Ecofin e va ora al negoziato con il Parlamento europeo. Il pacchetto approvato ieri era stato proposto dalla Commissione Ue a novembre 2016 per cercare di sbloccare lo stallo sull'Unione bancaria (i tedeschi e altri si opponevano alla condivisione dei rischi prima della loro ulteriore riduzione, quindi Bruxelles presentò un altro pacchetto di norme in questa direzione). Include modifiche a due regolamenti e due direttive sui requisiti di capitali delle banche e sulla ristrutturazione e la risoluzione degli istituti in crisi.

Tra le disposizioni c'è quella di rafforzare i requisiti di capitali per gli istituti che scambiano ampi volumi di titoli e derivati. Inoltre, le banche sistemiche a livello globale dovranno avere maggiori capacità di assorbimento di perdite e ricapitalizzazione in caso di risoluzione. Uno degli obiettivi è permettere a quelle considerate «too big to fail», ovvero troppo grandi per fallire, di continuare le loro funzioni critiche anche in caso di crisi, senza mettere in pericolo la stabilità finanziaria o richiedere il sostegno dei contribuenti.

Il futuro ministro del Tesoro italiano sarà certamente presente alla riunione di fine giugno. L'Italia potrebbe dunque opporsi formalmente alla nuova stretta perché dopo il negoziato con il Parlamento la palla torna all'Ecofin per l'ultimo voto. Ma la legislazione può passare a maggioranza, quindi l'eventuale contrarietà italiana potrà solo restare agli atti.

Nel frattempo, ieri, i titoli del credito ieri sono colati a picco in Borsa: l'indice Ftse Italia Banche è arretrato del 3,4% tornando ai minimi da giugno 2017. Sul comparto ha pesato anche uno studio di Goldman Sachs che ha messo in evidenza i potenziali impatti delle politiche annunciate dal nuovo governo sui piani di riduzione del rischio degli istituti. Le performance peggiori sono state quelle di Banco Bpm (-7,3%) e di Mediobanca (-4%). Giù di quasi il 4% anche Unicredit e di oltre il 3% Intesa Sanpaolo.

Secondo gli analisti di Credit Suisse, inoltre, un aumento dello spread tra Btp e Bund di 100 punti base ridurrebbe in media il patrimonio netto tangibile delle banche italiane di un punto percentuale e l'indice di tenuta patrimoniale (il Cet1) di 15 punti base, considerando l'esposizione valutata a valori di bilancio. Unicredit detiene 41,9 miliardi di titoli di Stato, Intesa Sanpaolo 20,3 miliardi, Mps 12,8 miliardi, Ubi 7,3 miliardi, Banco Bpm 9,1 miliardi e Bper 1,9 miliardi, per un totale di 93,5 miliardi.

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