Altri 50 milioni per assumere i migranti nelle coop

Lo stanziamento deciso dal Viminale: i fondi finiranno nelle casse di associazioni, onlus e ong

Foto d'archivio
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Roma - Intanto che la trattativa per il governo è impantanata, uffici e funzionari continuano ad alimentare e incrementare quella che per cinque anni è stata la linea politica in fatto di immigrazione e accoglienza, incuranti che le cose al Viminale, potrebbero presto cambiare.

È di questi ultimissimi giorni l'ennesimo impegno di spesa di oltre 51 milioni di euro per incentivare l'integrazione lavorativa dei migranti. Non richiedenti asilo o specificatamente rifugiati o ancora titolari di protezione internazionale. Assolutamente no. Ma semplicemente migranti, questo è il termine scelto senza appellativo alcuno. È così infatti che recitano gli acronimi dei piani di lavoro messi in campo. Il primo è chiamato Impact, ossia integrazione dei migranti con politiche e azioni coprogettate sul territorio, e interessa ben 26 milioni e 344 mila euro, il secondo è denominato Prima, ossia programma per l'integrazione lavorativa dei migranti, e mette a disposizione altri 25 milioni tondi. Altro che attività di utilità sociale o lavori socialmente utili promossi da alcuni comuni e sbandierati per promuovere nelle realtà locali rapporti di collaborazione permanenti tra cittadini e richiedenti asilo fino all'attivazione di una rete sociale e avviare il percorso dell'integrazione. Macché. I finanziamenti messi in palio dal dipartimento per le Libertà civili e immigrazione del ministero dell'Interno non sono destinati a quei comuni di Ancona, Ascoli Piceno, Benevento Firenze, Matera Modena, Napoli o Ragusa e Siracusa che autonomamente hanno studiato e realizzato diversi progetti per integrare rifugiati e titolari di protezione internazionale. Piuttosto vengono destinati a finanziare le più disparate associazioni, cooperative, onlus e ong che separatamente o accorpate in consorzi prodigiosi, vantano grandi capacità per avviare percorsi individuali a supporto dell'integrazione.

Oltre al fatto che nei piani di azione si promettono anche servizi complementari e esperienze di inserimento in aziende private. Peccato però che questi denari nemmeno per sogno finiranno nelle tasche dei neolavoratori, ma preferibilmente nelle tasche di chi si aggiudicherà i progetti. Serviranno ad alimentare la filiera della cooperazione così la chiamano i detentori dell'accoglienza a tutti i costi tra spese per i docenti, gli assistenti, gli esperti legali e altre spese vive per tenere in piedi il programma che si sono aggiudicati con i fondi pubblici. In definitiva in questo ultimo anelito di legislatura il Viminale si è tolto la maschera e con questi due bandi di gara ha di fatto omologato gli stranieri presenti, che siano essi rifugiati, migranti economici o in attesa di asilo. Qui in Italia la tipologia di appartenenza, a oggi, non fa alcuna differenza. Quasi fossero sinonimi quando invece non lo sono affatto.

E tutto ciò mentre la Germania sta avviando l'allestimento di centri di detenzione o di ancoraggio, dove i migranti restano per un massimo di 18 mesi mentre vengono processate tutte le loro richieste di asilo, ossia fino a quando le pratiche non sono chiuse: una volta stabilita la categoria

di appartenenza si procede o al rimpatrio o all'integrazione sociale. Nel Belpaese invece per processare una richiesta di asilo ci si mettono oltre due anni e qualche volta anche con risultati tutt'altro che inappuntabili.

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