Altro che fisco amico: il "tarocco" delle Entrate per vincere un processo

A Bari l'Agenzia falsifica un documento ma viene scoperta

Altro che fisco amico: il "tarocco" delle Entrate per vincere un processo

Roma - Quando si dice lo zelo. Adesso si arriva persino a truccare le carte pur di rimpinguare le casse pubbliche. O meglio pur di non vederle intaccate dai rimborsi. La notizia che arriva da Bari, pubblicata ieri da ItaliaOggi, è di quelle che fanno discutere e che potrebbe finire benissimo in un manuale di giornalismo. Una di quelle storie, cioè, dove a fare la notizia non è il cane che morde l'uomo ma viceversa. Questa insomma non è la solita storia dove si presentano carte false per non pagare le tasse. Bensì il contrario: è una storia dove una «grossolana contraffazione» (definizione del Tribunale di Bari) è stata smascherata su una lettera di diniego a un rimborso. Lettera che proviene dalla Agenzia delle entrate e che respinge un'istanza di rimborso. «Contraffazione» che segna forse il punto maggiore di crisi tra il Fisco e i contribuenti. La storia ruota intorno a pochi elementi: una fotocopia galeotta, una data ritoccata, la firma su documento apposta da un dirigente che in quel momento prestava servizio altrove.

Tutto ha inizio nel 2014 quando un noto gruppo industriale del Barese si vede sospendere dall'ufficio periferico dell'Agenzia delle entrate il rimborso di un credito di Iva non dovuta per il valore di circa 200mila euro. La sospensione è spiegata dal fatto che erano in corso accertamenti per il recupero di Irap per il valore di 81mila euro (del 2002). Dopo la ratifica di una conciliazione e dopo una sentenza di primo grado, la società torna alla carica con un'altra istanza di rimborso di Iva per l'anno 2006. Dopo questa presentazione interviene la sentenza della Commissione tributaria di Bari che annulla quasi tutte le pendenze erariali della società.

L'Agenzia delle entrate, però, non fa nulla. Così la società torna alla carica con l'ennesimo ricorso per ottenere l'accertamento del diritto al rimborso. Ed è qui che arriva il documento «contraffatto». Secondo la società barese le controdeduzioni della Agenzia delle entrate risultavano contraffatte nella data e nella firma (di un funzionario che a quella data non prestava più servizio in quell'ufficio). E i giudici della Commissione tributaria provinciale questo ricorso lo accolgono evidenziando anche, nella loro sentenza, «i chiari segni di grossolana contraffazione». «È provato in atti - si legge nella sentenza - che la nota del 4 marzo 2016 è mera riproduzione fotostatica della lettera inviata dall'Agenzia delle entrate in data 4 marzo 2014 in risposta ad altra e precedente istanza di rimborso».

«La vicenda - commenta l'avvocato Roberto Massarelli che ha difeso il ricorrente - costituisce forse un'ipotesi di scuola di quelle che non dovrebbe mai essere il normale contraddittorio tra amministrazione finanziaria e contribuenti, il quale dovrebbe essere invece ispirato a principi di lealtà e

trasparenza, secondo quanto prevede, per altro lo Statuto del contribuente».

Ecco cosa mancava alla notizia già di per sé succulenta: la ramanzina di un legale, che non riesce a trattenersi dal bacchettare l'Amministrazione pubblica.

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