I migranti a Padova sono corpi che vagano. Naviganti nell'attesa di una decisione di un tribunale. Intanto rimangono in Italia a spese dello Stato. E sono anche tanti.
I dati della Commissione prefettizia che esamina i richiedenti asilo che approdano a Padova, rivelano che il 97% di questi non ha diritto allo status di rifugiato. Delle 3.600 richieste, infatti, che la Commissione ha esaminato, dal giorno in cui si è insediata, il 16 marzo 2015, soltanto 108 sono stati ritenute idonee per ottenere il diritto all'asilo. Questo vuol dire che i profughi veri alla fine sono soltanto il 3%. Solo una minima parte dei richiedenti, quindi, ha diritto all'aiuto. Gli altri sono invece «semplici» migranti in cerca di fortuna nel nostro Paese.
Per ottenere lo status di rifugiato il percorso è lungo. Dopo che i migranti sbarcano sulle nostre coste, vengono presi e portati in un Cpsa (Centro primo soccorso e accoglienza), come quelli esistenti a Lampedusa. Poi vengono accompagnati nelle varie strutture temporanee e, con i pullman, nelle questure dove devono compilare il verbale per chiedere il riconoscimento dello status di rifugiato. Tutti i migranti poi devono passare attraverso la commissione territoriale composta da quattro membri: uno del Comune, uno della Prefettura, uno della Polizia e uno dell'Unhcr (l'Alto commissariato per i rifugiati dell'Onu). Chi ottiene l'asilo ha diritto al famoso permesso di soggiorno, con cui può cercare lavoro, avere la tessera sanitaria e in un secondo tempo anche ricongiungersi con la famiglia di origine. Se la commissione decide di dare lo status di rifugiato, allora questo è considerato un vero profugo. Altrimenti no. Per ottenere questo particolare status occorre dimostrare di fuggire da una persecuzione per razza, etnia o religione. Se non si ottiene il permesso di soggiorno si può ottenere la protezione sussidiaria o quella umanitaria.
A Padova la sussidiaria è andata a 144 migranti, quella umanitaria a 540. Tutti gli altri o si sono resi irreperibili o hanno visto la loro richiesta subito negata. E qui si apre un mondo che sta collassando. Chi è stato rifiutato può fare ricorso entro trenta giorni: basta cercarsi un avvocato, chiedere il gratuito patrocinio ed è fatta; viceversa il migrante «rifiutato» sarà espulso dal Prefetto e dovrà lasciare l'Italia entro quindici giorni. Se opta per il ricorso, invece, rimarrà in sospeso, in una sorta di «bolla» accolto e ospitato nelle varie strutture, fino alla sentenza del tribunale competente che in questo caso è la Corte d' Appello di Venezia.
Le prime sentenze sono arrivate a marzo scorso e, fatto paradossale, i giudici, nella maggior parte dei casi, hanno ribaltato il niet delle commissioni. Come a dire: se escono dalla porta, possono rientrare dalla finestra.
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