Lo sciopero è un sacrificio. Grande per i lavoratori che si ritrovano in busta paga una trattenuta pari a una giornata. Medio per le aziende che lo subiscono (con i tempi che corrono, tra consumi al palo e costo del lavoro che non cala, un giorno con le macchine ferme può diventare un mezzo guadagno). Nullo per i sindacalisti, che non rischiano niente.
Per un dipendente tipico di un'azienda, ma anche della pubblica amministrazione, si va dai 30 ai 100 euro in meno per una giornata intera di sciopero. Biglietto salato per l'esercizio di un diritto che dovrebbe, anche per questo, essere esercitato con parsimonia. Alla manifestazione di ieri, Maurizio Landini ha dato la sua versione: «Vogliamo che gli 80 euro di Renzi vengano estesi a tutti, ma lo ringraziamo perché ci servono a scioperare contro di lui. Le persone che hanno scioperato oggi hanno rinunciato allo stipendio, lo sciopero costa e noi difendiamo anche i diritti di quelli che non scioperano».
Un mezzo autogol quello del segretario della Fiom. Intanto ha ricordato ai lavoratori attivi (pochi) della manifestazione di Milano che con un paio di scioperi si consuma il bonus in busta paga, con tre un ottimo aumento di un contratto di categoria. Lo sciopero del 5 dicembre proclamato dalla Cgil, ribattezzato «del Ponte» (dell'Immacolata) potrebbe costare quanto una gita fuoriporta. Le continue astensioni dal lavoro della Fiom durante le trattative per i contratti, un mezzo patrimonio.
A qualcuno potrebbe essere venuto il sospetto che il gioco non valga la candela, che il mezzo sia un po' troppo oneroso rispetto al fine. Oppure la curiosità di vedere se c'è qualcuno che non paga le giornate di scioperi. Esclusi i dipendenti delle aziende che volontariamente non sottraggono la giornata lavorativa al dipendente (nessuna a memoria di cronista), restano proprio loro, i sindacalisti. O meglio, chi svolge attività sindacale ed è dipendente dello stesso sindacato con regolare busta paga, magari in aspettativa.
Una legge, chiaramente, non c'è, ma la prassi è chiara. «Non c'è la trattenuta, anche perché per un sindacalista il giorno di sciopero è un giorno di lavoro, doppio se si vuole», spiega un esponente delle tute blu Cgil. Ma così chi ha in mano le leve per decidere la forma di protesta più forte, non subisce personalmente le conseguenze della sua scelta, si potrebbe obiettare. C'è la responsabilità politica, non la condivisione del rischio con i lavoratori. Stessa prassi anche in Cisl e Uil.
A un automatismo responsabilizzante, i sindacati preferiscono la beneficenza. Succede infatti che una sigla dia indicazione ai proprio dipendenti di rinunciare a una giornata di lavoro in occasione di proteste o iniziative di solidarietà. C'è traccia di questa scelta nelle buste paga dello stesso Maurizio Landini. In quelle di ottobre e novembre c'è una giornata lavorativa sottratta allo stipendio per l'iniziativa «Io voglio la Fiom in Fiat», per 33 euro e 60 al mese. Era una sottoscrizione avviata dalle stesse tute blu della Cgil per sostenere i dipendenti Fiat, iscritti alla Fiom, in sciopero contro l'esclusione dello stesso sindacato dal tavolo delle trattative. Non una trattenuta da sciopero, insomma, ma una sottoscrizione. Nelle altre buste paga del leader più antagonista del mercato non c'è traccia di trattenute da sciopero.
Nemmeno un euro sottratto dalla busta paga di novembre, quando i sindacati fecero cinque ore di astensione del lavoro in tutto il Paese contro la legge di Stabilità del governo Letta. Niente durante le numerose astensioni dal lavoro nelle vertenze delle singole aziende, decisi dal sindacato Cgil.
Certo, lo stipendio di Landini non è altissimo, intorno ai 2.200 euro al mese, ma è più alto di quello dei lavoratori che la sua sigla ha chiamato a scioperare per ben due volte nel prossimo mese. Ieri e per il ponte dell'Immacolata. Abbastanza per bruciare il bonus di Renzi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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