Non è mai stato socialista, anche se negli ultimi anni ha rispolverato i meriti di Craxi. Operazione un po' tardiva, a onor del vero, visto che per una vita lo ha combattuto, prima nel Pci, al fianco di Berlinguer e dei missili di Mosca. Poi è andato avanti cercando di rimuoverne storia e memoria, dal Pds fino ai Ds, per poi arrivare al Pd, creato in laboratorio dalla fusione tra gli ex comunisti e gli ex democristiani di sinistra. Massimo D'Alema ha scoperto solo in età più che matura che oltre alle sirene comuniste esisteva una tradizione socialista, democratica e riformista. Lui non ha mai voluto abbracciarla, per non darla vinta agli avversari di una vita, preferendo rivendicare la propria diversità, figlia della presunta superiorità morale dei comunisti italiani. Archiviate (per non dire rottamate) le grandi famiglie politiche, D'Alema in realtà non si riscopre socialista né tantomeno craxiano. Ci mancherebbe. Sapete chi rispolvera? Nientepopodimeno che Lenin. Sì, proprio lui, il leader indiscusso della rivoluzione bolscevica.
Sentite cosa ha detto durante la presentazione del libro ''Questo è un fatto e i fatti sono ostinati. Lenin e l'Ottobre '17" di Sergio Gentili. "L'azione politica, se guidata con determinazione e basata su un'analisi reale, può cambiare la storia del mondo, che non è un copione già scritto". Per D'Alema quanto accadde in Russia nell'ottobre del 1917 vede "una importante leadership di Lenin, ma, più in generale, quella storia dimostra la potenza creatrice della politica, l'azione umana che coglie l'occasione, che può anche forzare tempi della storia e compiere salti improvvisi".
C'è pocvo da aggiungere, i miti restano miti. E per D'Alema lenin era e resta un mito. L'ex presidente del Consiglio ricorda come la "politica non è solo lo svolgimento dei compiti che l'economia assegna, ma diviene azione creatrice che può sconvolgere tempi della storia". E già che c'è parla di Gramsci: "Parlò di rivoluzione contro il capitale, contrariamente alle tesi di Marx, dicendo che si dimostrò come l'azione può rompere le regole del marxismo, secondo cui il cammino della storia segue un certo ordine". In Russia, prosegue ancora D' Alema, la "fase della rivoluzione borghese, che avrebbe dovuto occupare un secolo, si sviluppò nel corso di alcuni mesi e si concluse".
D'Alema va oltre e parla di capolavoro di lenin: "Consiste nel conquista della maggioranza" nel fatto che "fu in grado di convincere le forze fondamentali, al di là del mondo contadino, è cioè gli operai e i soldati". Lenin "vide con chiarezza il nesso tra guerra mondiale e occasione rivoluzionaria, sostenne così la tesi della pace, che fu messaggio importante per un esercito mandato allo sbaraglio".
"Vincente fu il suo programma: pace, otto ore di lavoro per gli operai e la terra ai contadini", programma con cui conquista la maggioranza" perché le sue proposte apparvero le più utili per la Russia". Da quella vicenda - dice D'Alema - ci furono conseguenze molto rilevanti" una storia successiva che trova un punto "quando Berlinguer disse che la forza propulsiva dei paesi nati dalla rivoluzione di ottobre si era esaurita". Peccato però che i comunisti italiani rimasero ben fermi sulle loro posizioni, nel nome di una presunta diversità (terzia via) e superiorità morale, che nulla aveva a che spartire con quegli sporcaccioni che per oltre quarant'anni avevano preso soldi dalle tangenti. I loro rubli, evidentementi, non emavavano alcun cattivo odore a differenza dei soldi, sporchi e puzzolenti, degli altri partiti.
D'Alema ammette, bontà sua, "che ci furono eventi negativi, degenerazione autoritaria, ma che questa fosse implicita nel leninismo è
tesi che non condivido, anche se ha avuto grande corso, il punto di svolta è a partire dal '26, con rottura dell'unità e l'avvio dello stalinismo, che io non credo sia in continuità con il leninismo".
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.