Altro record: 5mila morti di buonismo

L'Unhcr: 2016 anno più tragico di sempre. Mai così tante vittime nel Mediterraneo

Altro record: 5mila morti di buonismo

«Mare nostro che non sei nei cieli, ti abbiamo seminato di annegati più di qualunque età delle tempeste». Quando Erri De Luca metteva in poesia la sua «preghiera laica» sulla più grande tragedia del nostro tempo era l'aprile del 2015, e i fondali del Mediterraneo non sostenevano ancora il peso di 11mila morti in tre anni. Doveva ancora arrivare l'estate rovente, con le condizioni del mare «favorevoli» a partenze che non sarebbero mai diventate arrivi. Doveva passare l'inverno, con i suoi viaggi della disperazione che non hanno stagioni. E doveva trascorrere ancora tutto il 2016, che ora per mano dell'Unhcr, l'alto commissariato Onu per i rifugiati, consegna un bilancio al di sopra delle più nere previsioni di morte. Cinquemila vittime in 12 mesi. Che una spietata media aritmetica traduce in 14 persone annegate al giorno nel tentativo di raggiungere la madre Europa con il suo sogno dell'accoglienza per tutti.

Uomini, donne e bambini che non ce l'hanno fatta, tra gli oltre 349mila che hanno messo la loro vita nelle mani dei trafficanti nel 2016. Un milione lo aveva fatto nel 2015, perdendo tra le onde 3.771 compagni. Numeri e dimensioni sconosciute, «le più alte mai registrate» nel «peggior bilancio di sempre in termini di perdite di vite umane», sentenzia l'organizzazione. E raccontano di una «crisi umanitaria» che Papa Francesco aveva definito «la più grave dopo la Seconda Guerra Mondiale», ricordando come «si sbagliano i calcoli pensando di poterne ricevere di più di quanti se ne possano integrare».

Mai il «cimitero» aveva inghiottito così tanti corpi come l'anno che sta per finire, «il terzo consecutivo in cui i decessi superano le tremila unità, e questo è estremamente allarmante» commentava il portavoce dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, Joel Millman. L'indignazione, le preghiere, la vergogna, e i «mai più» hanno scandito i ritmi lenti della politica comunitaria nella sua marcia verso il fragile accordo con la Turchia voluto dalla stessa Merkel che aveva aperto le porte della Germania ai rifugiati, salvo poi fare marcia indietro. Un'intesa che ha frenato i flussi verso la Grecia, ma non verso l'Italia, confinata al suo destino di unico approdo possibile per chi scappa dall'Africa. Tanto che il 90% delle morti accertate sono avvenute nel tratto del Mediterraneo tra Libia e le nostre coste, a causa della «pessima qualità dei barconi usati dai trafficanti di uomini». Sembrava l'inferno quel 3 ottobre 2013 a Lampedusa: 366 morti, le bare adagiate in fila e le storie senza nome. Era l'inizio scritto senza una fine. L'ennesima tragedia è di qualche giorno fa, alla vigilia del Natale 2016, tre anni dopo: 100 migranti sono annegati nel tentativo di raggiungere la nostra terraferma a bordo di due gommoni. Il primo trasportava fino a 140 persone, tra cui donne e bambini. Solo 63 sono sopravvissute. Il secondo ne trasportava 120, di cui 80 salvate dalla guardia costiera. Altre 175 sono state tratte in salvo da un'imbarcazione di legno.

In tutto, sono 264 i migranti sbarcati a Trapani da una nave della Guardia Costiera. Otto corpi sono stati recuperati durante le operazioni. «Mare nostro che non sei nei cieli - scriveva De Luca - Sia benedetto il tuo fondale».

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