New York - Senza tregua. Donald Trump e Hillary Clinton ottimizzano le ultime ore prima dell'apertura dei seggi in un duello a distanza tra la Rust Belt e la East Coast, incrociando le rispettive rotte in tre stati chiave, quelli che potrebbero mettere il sigillo finale a questa particolare e controversa campagna elettorale, definita la più velenosa della storia americana. La lunga maratona della vigilia per la candidata democratica parte da Oakland, in Pennsylvania, per proseguire in Michigan e North Carolina. La Clinton, raggiante per la chiusura delle indagini sull'emailgate da parte dell'Fbi, schiera il suo squadrone al completo per l'ultimo appello agli elettori, dal marito Bill al presidente Barack Obama. Poi, per il gran finale, tutti insieme sul palco di Philadelphia con Chelsea, Bill, Barack e Michelle Obama sulle note del Boss, Bruce Springsteen.
Trump, invece, punta come al solito più che altro sul «one man show»: da Sarasota, in Florida, a Raleigh, in North Carolina, fino a Scranton, in Pennsylvania, cuore della «Coal Bel», la zona delle miniere. E ancora in New Hampshire, lo stato dove ha ottenuto la sua prima vittoria alle primarie, e in Michigan, in una marcia senza sosta per convincere gli elettori degli «swing states», gli indecisi. Intanto la media dei sondaggi di RealClearPolitics dà l'ex segretario di Stato a +3,2%, con il 45,5% contro il 42,3% del candidato repubblicano, anche se non ha ancora raggiunto il numero magico dei 270 grandi elettori che apre le porte della Casa Bianca. In Florida invece, stato cruciale per la vittoria, la Clinton è avanti solo dello 0,2%. Le proiezioni non tengono conto dell'ultima «bomba» della vigilia, ossia la chiusura delle indagini sull'emailgate da parte dell'Fbi, una bella sorpresa per Hillary e un duro colpo per Trump, protagonista di una rimonta mozzafiato proprio dopo la riapertura dell'inchiesta.
Anche se gli analisti non sono sicuri che la notizia possa avere un impatto immediato sulle urne. «Ora tocca agli americani fare giustizia alle urne l'8 novembre - tuona Trump - La Clinton è colpevole. Lei lo sa, l'Fbi lo sa e la gente lo sa». «Non le doveva neanche essere concesso di correre per la presidenza, se vince è una sconfitta per gli americani» descrivendo la rivale come la «politica più corrotta, protetta da un sistema truccato». «Voglio davvero essere la presidente di tutti e unire questo Paese», dice da parte sua l'ex first lady, sorvolando sul capitolo posta elettronica. Barack Obama, invece, si rivolge ai Millenials, che furono grande bacino di voti per la sua presidenza e tra i quali Hillary fatica a fare breccia. «Domani sceglierete se continuare lungo la strada del progresso - afferma - o se gettare tutto dalla finestra». A riportare in quota la Clinton, insieme ai latini, potrebbero essere anche i neri, dopo l'appello dei leader delle chiese «black», che richiamano i fedeli alle urne per invertire il trend dell'affluenza in calo rispetto a quattro e otto anni fa, quando gli afroamericani si mobilitarono in massa per eleggere Obama. «C'è apatia, ma nessuno deve rimanere a casa, oggi si decide cosa succederà nel prossimo secolo», spiega il pastore Sam Nicolas della Evangelical Crusade Christian Church di Brooklyn. Trump perde invece un suo prezioso, quanto pericoloso alleato, il suo account Twitter.
Lo staff del tycoon - riporta il New York Times - gli ha infatti tolto la gestione del profilo, che The Donald usava in «maniera colorita e spesso controproducente». Ma che forse è stato uno dei segreti del suo successo.
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