Ancelotti: "Ha tolto il calcio dal Medioevo. Con lui una rivoluzione al giorno"

L'ex milanista ricorda gli anni da giocatore e da tecnico

Ancelotti: "Ha tolto il calcio dal Medioevo. Con lui una rivoluzione al giorno"

Caro Ancelotti, se le ricordiamo che tra qualche ora Silvio Berlusconi compirà 80 anni, cosa le viene in mente?
«Beh, di fare gli auguri a colui il quale considero il mio presidente, il presidente della mia vita oltre che della mia carriera calcistica. Auguri Presidente, ma con la maiuscola, mi raccomando».
Scusi, perché con la maiuscola?
«Perché Silvio Berlusconi non è stato uno dei tanti presidenti che hanno dato lustro al calcio italiano e alla storia del Milan. Berlusconi è stato il grande innovatore che ha trascinato il calcio italiano dal medioevo all'era moderna liberandolo dalla polvere che c'era nel settore. Pensi solo a questo dettaglio: oggi alcuni club hanno inserito nei loro staff la figura del nutrizionista, lui trent'anni fa parlava di alimentazione corretta a Milanello. Perciò il suo arrivo è stato vissuto, per molti versi, come una rivoluzione dell'antico. La mossa decisiva fu questa: organizzare la squadra di calcio come un'azienda. Da questa discese tutto il resto: la catena di comando snella, le grandi ambizioni, le linee guida attraverso cui raggiungere il successo sintetizzato dal famoso motto vincere e convincere, dare spettacolo, rispettare l'avversario. E per fare tutto ciò scelse un allenatore esordiente, Arrigo Sacchi, che praticava un calcio unico per l'Italia e offensivo. I risultati irripetibili, hanno raccontato tutto il resto e destineranno questa figura ai libri di storia. Lo dico a quelli del prossimo Milan: sarà impossibile eguagliare Silvio Berlusconi!».
Ci racconta qual è stato il suo primo incontro col presidente?
«Quasi uno scontro, in verità, avvenuto al telefono, qualche minuto dopo la firma del mio trasferimento dalla Roma al Milan. C'erano voci sempre più insistenti sul mio stato di salute, un ginocchio malandato insomma. Berlusconi a bruciapelo mi chiese: Ma sei sicuro di stare bene?. Gli risposi: Certo che sono sicuro e se ne accorgerà molto presto».
Da quel giorno com'è stata la vita al Milan con Berlusconi presidente?
«Una scoperta continua. Ogni giorno una sorpresa e una nuova idea da realizzare, ogni giorno un nuovo traguardo da inseguire. In cambio della dedizione assoluta alla causa rossonera, c'era anche una generosità unica. Pensi che a casa mia il presidente era per i miei due figli lo zio Silvio. Sa perché? Perché, appena firmavo il nuovo contratto o incassavo un premio per una coppa vinta, tornavo con dei pacchi regali. E loro, i miei bambini, chiedevano: da chi arrivano questi doni? Dallo zio Silvio rispondevo io».
Da frequentatore seriale di Milanello ne avrà di storie da raccontare sul presidente
«Ne scelgo due simboliche. Comincio dalla cena fatta ad Arcore prima della sfida scudetto col Napoli di Maradona, maggio dell'88: il presidente riunì la squadra e tra le raccomandazioni finali invitò a rispettare una settimana di castità assoluta per esprimere il massimo delle energie la domenica successiva. Gullit si alzò, prese la parola e disse: presidente, creda a me, se aboliamo la castità, correremo di più. La risata collettiva stemperò la tensione di quelle ore».
La seconda?
«A Barcellona, prima finale di Coppa Campioni della sua epopea. Eravamo in pullman, non riuscivamo ad avvicinarci all'ingresso principale dello stadio per la marea di tifosi milanisti arrivati in Spagna, ottantamila addirittura, e Berlusconi rivolto alla squadra commentò: se dovessimo perdere, faremmo comunque notizia, diventerebbe il più affollato funerale di tutti i tempi!».
Quando tornò al Milan da allenatore, come cambiò il suo rapporto con Berlusconi?
«Non cambiò, fui circondato in ogni momento dei successivi 8 strepitosi anni, dal suo affetto oltre che dal suo incoraggiamento. Mai Berlusconi criticò il mio lavoro dopo una sconfitta, sempre, invece, dopo un successo, mi passava osservazioni per migliorare il gioco che mi facevano riflettere».
Ci fu in quel periodo il famoso diktat di giocare con 2 punte più un trequartista: se lo ricorda?
«Lo ricordo perfettamente. E io me la cavai con una furbata perché continuai in molte partite a giocare col famoso alberello di Natale, Shevchenko più Kakà e Rui Costa, con un piccolo trucco. Kakà, nell'elenco dei convocati, risultava sempre tra gli attaccanti».
I suoi appunti sugli schemi da calcio di punizione finirono anche in un libro di Bruno Vespa
«A poche ore da una finale, chiesi al presidente di assistere alla riunione tecnica con la squadra. E quando fu il momento di distribuire i foglietti con i disegni, li passai anche a lui. Alla fine del meeting gli chiesi: Presidente, come sono andato?. E lui: Promosso.»
Se lo immagina Silvio Berlusconi lontano dal Milan?
«La scelta di cedere il club che ha amato come un figlio deve essergli costata un'autentica sofferenza.

Ma poiché l'uomo ci ha abituato, nella sua vita, a porsi sempre nuovi traguardi, sono sicuro che starà già pensando al giorno in cui tornerà a occuparsi del Milan e a inseguire altri successi per i prossimi trent'anni. È il mio augurio da tifoso del Milan».

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