Anche Londra chiede verità per Regeni. Ma c'è ambiguità sui tutor di Cambridge

Petizione con migliaia di firme, omertà sul ruolo di chi lo ha mandato al Cairo

Anche Londra chiede verità per Regeni. Ma c'è ambiguità sui tutor di Cambridge

L'Inghilterra scende in campo per far luce sul caso Regeni chiedendo all'Egitto «un'indagine completa e trasparente», ma forse dovrebbe cominciare dal ruolo ambiguo dei referenti accademici di Cambridge, che hanno mandato lo studente friulano al Cairo. Il Secret service britannico è sicuramente al corrente dell'attivismo contro il regime egiziano e della vicinanza con i Fratelli musulmani, fuorilegge in Egitto, della docente Anne Alexander, che ha aiutato Regeni nella sua ricerca finita tragicamente.

Ieri il ministro inglese per l'Europa, David Lidington, ha dichiarato: «Siamo molto preoccupati e abbiamo sollevato il caso con le autorità egiziane, sia a Londra che al Cairo, sottolineando la necessità di un'indagine trasparente». Il governo britannico «è rimasto in stretto contatto con le autorità italiane e ha cercato di offrire tutto l'aiuto possibile per cercare di ottenere un risultato che dia risposte alla famiglia del ricercatore». Un portavoce del Foreign office ha confermato la presa di posizione ufficiale scaturita da una petizione, che ha raccolto oltre 10mila firme attraverso una rete che unisce i ricercatori universitari. La petizione è stata lanciata da Hannah Waddilove, dottoranda all'Università di Warwick e specialista dei gruppi terroristici in Africa. Waddilove ha lavorato come Regeni ad Oxford Analitica per tre anni, la società di consulenza sui paesi a rischio. E pure per 5 mesi ad Ake, una compagnia che si occupa di sicurezza gestita da ex Sas, i corpi speciali inglesi, come analista d'intelligence per l'Africa sub sahariana.

Curriculum diverso rispetto alle referenti accademiche di Regeni protette da un insolito tabù mediatico e governativo. In realtà proprio il ruolo delle docenti di Cambridge potrebbe indirizzare verso il movente dell'orribile fine del giovane ricercatore. Maha Abdulrahaman, la sua tutor di origini egiziane, l'11 giugno dello scorso anno aveva tenuto una conferenza sui «Diritti umani in Egitto» a Cambridge nella sede di Amnesty international, che ha lanciato la campagna «verità per Giulio». La conferenza denunciava le «forme di repressione contro giornalisti, studenti, attivisti, lavoratori e cittadini ordinari». Pur conoscendo bene i pericoli ha controfirmato l'analisi del rischio presentata da Regeni all'università per poter andare al Cairo.

La sua sodale, Alexander, ha storto il naso contro la «tardiva» presa di posizione britannica: «Quando un dottorando viene torturato ed ucciso i ministri sembrano riluttanti a dire qualcosa di critico sulle autorità egiziane». In ottobre con Regeni al Cairo, grazie ai suoi contatti, la docente di Cambridge pubblicava un'analisi proponendo l'alleanza fra gli attivisti di sinistra ed i Fratelli musulmani «capace di farla finita con il regime del generale» Al Sisi, presidente egiziano. Il 25 ottobre firmava un appello contro la visita del capo dello stato egiziano a Londra, poi pubblicato su Ikhwanweb, il sito ufficiale dei Fratelli musulmani. Il 4 novembre con Regeni sempre in prima linea al Cairo arringava la piazza a Londra bollando Al Sisi come «un assassino» sollevando l'entusiasmo e lo sventolio delle bandiere della Fratellanza. Il tutto immortalato in un video, che non può essere sfuggito ai servizi inglesi ed egiziani. Alexander fin dal 2009 è in contatto con Maha Azzam, presidente dell'Egyptian Revolutionary Council, il governo ombra dell'opposizione ad Al Sisi con sede a Ginevra.

La Farnesina non ha mai voluto commentare questa parte, inquietante ed ambigua, del caso Regeni, che potrebbe portare al movente del delitto. Ieri l'ambasciatore italiano richiamato dal Cairo, Maurizio Massari, ha incontrato il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni per studiare le prossime mosse.

Dalla capitale egiziana il ministro degli Esteri, Sameh Shoukri, ha riaperto uno spiraglio sulla richiesta italiana sui telefonini

presenti dove è sparito Regeni ed hanno ritrovato il suo cadavere. Non basta per sgomberare sospetti di manipolazioni, ma il ministro ha promesso che «esamineremo noi i tabulati informando la parte italiana dei risultati».

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