Oscar Grazioli
Nel calendario gattofilo italiano, prima viene la Festa nazionale del gatto (17 febbraio), poi la Giornata del gatto nero (17 novembre) e, nel mezzo, la Giornata internazionale del gatto che abbiamo festeggiato ieri. Ma perché questa ridondanza di feste che non trovano analogo riscontro per il cane? Per lo stesso motivo che spinge i pubblicitari e i registi a utilizzare maggiormente i gatti negli spot pubblicitari, nei cortometraggi comici, e nei format dove la risata è garantita dalle loro evoluzioni e dalla loro innata guasconeria.
Il gatto è sicuramente l'animale domestico più festeggiato in tutto il mondo e la sua internazionalità non conosce confini. Perfino le nazioni islamiche, la cui religione obbliga il fedele a lavarsi nella sabbia qualora abbia toccato un cane, riconoscono nel gatto un animale quasi sacro, dal momento che Maometto preferì tagliare un pezzo della sua tunica per non svegliare la gatta Muezza che vi dormiva sopra. In Grecia, e soprattutto in Turchia, i gatti sono venerati quasi come tra gli antichi Egizi, popolo che tributava al felino domestico la massima espressione di ossequio, visto che, dopo la loro morte, venivano mummificati esattamente come gli uomini, e le loro mummie offerte a Bastet, dea leonessa con le sembianze rassicuranti del gatto.
Va da sé che nell'era di Internet il gatto ha velocemente colonizzato il web, diventandone l'imperatore, mentre sono migliaia i filmatini con i gatti attori che ci scambiamo su Whatsapp e sulle varie chat dei nostri smartphone. Poco tempo fa discutevo con un noto editore dell'idea per un mio nuovo libro: «Scrivi quel che vuoi, ma se scrivi di gatti ti pubblico senza alcun dubbio. Quelli che amano i gatti, comprano tutto, anche i libri più noiosi, purché trattino di gatti».
Ma qual è la ragione di questo successo planetario che il cane, che dovrebbe essere l'amico più fidato dell'uomo, non ha mai ottenuto? Chi studia questi fenomeni ha identificato il loro fascino, almeno in parte, nella minutezza delle loro teste e nella dolcezza dei tratti del muso, che psicologicamente ricorderebbero all'uomo i neonati. Poi quegli occhi che hanno affascinato i più grandi poeti, come Baudelaire («Vieni, mio bel gatto, sul mio cuore innamorato; ritira le unghie nelle zampe, lasciami sprofondare nei tuoi occhi in cui l' agata si mescola al metallo», da «Il gatto», 1857).
Un'altra spiegazione sarebbe attinente al fatto che il cane si può portare al parco, dove si può socializzare. Come surrogato dei giardinetti pubblici, i gattofili hanno eletto il web, invadendo Youtube, Facebook e Instagram con le immagini dei propri felini.
Poi, diciamoci la verità, molti cani hanno lo sguardo e l'atteggiamento serioso, di chi è pronto a salvarti la vita
in ogni momento, mentre il gatto ha quello sguardo sornione di chi, di salvarti la vita, non ha proprio voglia, perché molto più impegnato a salvarsi la sua.Infine, potrà mai un cane fare le fusa? E allora, viva il gatto.
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