Ape volontaria verso l'ok Ma sulle pensioni è guerra

Il decreto, operativo da settembre, permetterà a chi ha almeno 63 anni di ritirarsi dal lavoro

Ape volontaria verso l'ok Ma sulle pensioni è guerra

Il governo, nella fattispecie il ministero del Lavoro e quello dell'Economia stanno per approntare, con un ritardo di quasi sei mesi, il decreto attuativo dell'Ape volontaria, cioè il prestito che da quest'anno consente di anticipare la pensione a coloro che hanno compiuto 63 anni e ne hanno maturati venti di contributi previdenziali.

Il testo, secondo indiscrezioni, dovrebbe essere pubblicato a settembre accogliendo quasi interamente le indicazioni del Consiglio di Stato. In particolare, quella sulla retroattività: la legge di Bilancio 2017, infatti, prevedeva che il meccanismo sarebbe dovuto entrare in funzione a maggio. Dunque, si potranno presentare istanze con decorrenza da maggio, ma la precedenza sarà data a soggetti in condizioni disagiate che non abbiano i requisiti per l'accesso all'Ape social.

La seconda problematica che il decreto dovrà affrontare (oltre alla stipula di un accordo tra il governo e banche e assicurazioni per l'erogazione dei finanziamenti) è la questione dei ricorsi contro il respingimento delle istanze. I magistrati amministrativi avevano suggerito di istituire sistemi di mediazione o camere di conciliazione direttamente presso l'Inps.

Il varo dell'Ape volontaria avviene in un periodo nel quale il dibattito sulle pensioni si è fatto infuocato e non solo per le temperature canicolari. Una vasta area parlamentare oltre ai sindacati spinge presso il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e presso il titolare del Tesoro, Pier Carlo Padoan, perché l'età di pensionamento di vecchiaia non sia adeguata a 67 anni nel 2019. Gli interventi della Ragioneria generale dello Stato e del presidente dell'Inps, Tito Boeri, sul tema hanno inasprito ulteriormente il confronto. Il sistema automatico introdotto dalla riforma Fornero, infatti, avrà un impatto anche sull'Ape volontaria. Poiché l'anticipo massimo finanziabile è di 3 anni e 7 mesi (la distanza tra i 63 anni minimi del richiedente e l'età pensionabile di 66 anni e 7 mesi), l'adeguamento dal 2019 imporrebbe di fare richiesta per l'Ape solo a partire dai 63 anni e 5 mesi.

«Tutta la materia andrebbe ridefinita», ha ribadito il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd), coestensore della richiesta di stop all'adeguamento assieme all'omologo del Senato, Maurizio Sacconi. La preoccupazione dell'ex ministro del Lavoro non è legato solo alle pensioni di vecchiaia e alle uscite anticipate dell'Ape, ma anche alle «vecchie» pensioni di anzianità per accedere alle quali sarebbero necessari fra due anni 43 anni e 3 mesi di contribuzione per gli uomini e 42 anni e 3 mesi per le donne. va detto, però, che l'obiettivo della riforma Fornero era proprio quello di limitare fortissimamente il ricorso a questo tipo di uscita dalla vita attiva, penalizzando, tuttavia, coloro che hanno iniziato a lavorare da giovani.

Non c'è dubbio, perciò, che il confronto di fine mese tra il ministro Poletti e i sindacati sarà al calor bianco.

Anche perché le recenti sortite di Padoan e i continui riferimenti alla necessità di destinare stanziamenti a lavoro e investimenti del ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, e del presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia (che ha chiesto l'estensione del Jobs Act, quindi della licenziabilità, ai dipendenti pubblici) intendono porre un'ipoteca sull'utilizzo delle poche risorse disponibili della manovra per il 2018.

L'unico dato sicuro, al momento, è che il ministro Poletti potrà intestarsi una partita il cui esito non era scontato.

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