Un appello contro "il Giornale" Parte la ghigliottina islamica

Ai musulmani viene chiesto di firmare un esposto perché "è importante denunciare chi ci diffama"

Un appello contro "il Giornale" Parte la ghigliottina islamica

I musulmani italiani vogliono portare il Giornale in tribunale. E i responsabili invitano i fedeli a farlo perché «è importante denunciare chi diffama l'Islam». L'accusa è apparsa nel sito internet «civiltaislamica.it», un contenitore web che rivendica di rappresentare «il punto di vista del vero islam» sunnita e moderato. A far scattare la ghigliottina sono stati gli articoli sugli attentati di Parigi. Ai responsabili del sito è andato di traverso il titolo «Islam assassino. Non ci arrendiamo» comparso in prima pagina dopo la strage del Bataclan. Ad essere presi di mira sono il direttore Sallusti, Magdi Cristiano Allam e Paolo Granzotto, colpevoli di vilipendio di religione, diffusione di notizie false, diffamazione e incitazione all'odio religioso. O forse, semplicemente colpevoli di aver espresso un'opinione.Non è la prima volta, e non sarà l'ultima, che il Giornale finisce nel mirino degli islamici. È successo nei giorni scorsi al giornalista Fausto Biloslavo, citato da alcune pagine Facebook (Islam Italia e Cronache Islamiche) per i suoi articoli sul «fratello Luca Aleotti (soprannominatosi «spada di Allah» e indagato a Bologna per terrorismo internazionale). Questa volta, però, non si sono fermati alle parole ed hanno diffuso online il facsimile dell'esposto che tutti possono sottoscrivere per mettere a tacere il Giornale dei «vili parassiti che si fanno chiamare giornalisti». Ma chi c'è dietro «civiltàislamica.it»? Il responsabile unico del sito è Massimo Abdul Haqq Zucchi, un italiano di 56 anni convertitosi all'islam nel '90: ad indirizzarlo ad Allah è stata la militanza «nella cosiddetta sinistra extraparlamentare». Uno scherzo del destino. Lo sostiene nello sforzo editoriale Sheikh Abdurrahman Rosario Pasquini, che peraltro è il vicepresidente della «Moschea della Misericordia» di Segrate, gestita dal Centro islamico Milano e Lombardia, «a cui questo sito fa riferimento dal punto di vista dottrinale». Spulciando tra i contenuti online, si leggono concetti aberranti. Si afferma, per esempio, che «la tolleranza non è concetto che abbia, né abbia mai avuto a che fare, con i cattolici»; si dimostra «la terribile violenza e intolleranza storica del cristianesimo» e il «carattere assassino» della credenza nel crocifisso. E ancora: si chiede la rimozione della croce di una Chiesa di Como perché «schiaccia» i non credenti. Infine, gli autori ritengono che «la schiavizzazione delle donne tramite il lavoro» sia lesiva della civiltà islamica. Ovvero, che le donne non dovrebbero lavorare ma rimanere a casa, coperte magari dal burqa. Se sono queste le indicazioni dottrinali della Moschea di Segrate, scritte dal pugno del suo vicepresidente, c'è da preoccuparsi. Soprattutto se poi sono gli stessi che si presentano come interlocutori islamici moderati. Non può infatti non stupire di trovare online il facsimile per la richiesta di esenzione degli studenti musulmani dalle lezioni di musica, in quanto «strumento di Satana». Le scuole italiane dovrebbero quindi adattarsi al Corano, evitando agli islamici di imparare canzonette con il flauto o altri strumenti musicali. Così come si rimane stupefatti nel leggere le minacce ai miscredenti: «Che Iddio maledica i nemici dell'Islàm e dei musulmani», è scritto nel sito.

E non siamo a Raqqa, ma a Milano. Dove l'integralismo sembra essere di casa. Dove i veri credenti islamici «sono quelli che si attengono strettamente alla dottrina fissata nel Sublime Corano». E che denunciano il Giornale.

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