Le Ong dichiarano «guerra» sul fronte dei migranti. Nave Aquarius di Msf ed Sos Mediterranee sfida tutti, l'Italia, la Libia, l'Europa con un proclama kamikaze su quello che faranno in mare, al di sopra degli Stati. La flotta delle Organizzazioni non governative è ridotta al lumicino, rispetto alle 13 unità dello scorso anno, ma può combinare ancora guai. Open arms, la nave «ribelle» dell'Ong spagnola Proactiva al largo della Tunisia punta a recuperare migranti davanti alla Libia rischiando incidenti con la Guardia costiera di Tripoli.
Nel porto della Valletta è ancora bloccata la nave olandese Sea watch, che scalpita per tornare di fronte alla Libia. Il governo maltese impedisce all'imbarcazione umanitaria di salpare, anche se i documenti dei registri navali olandesi sarebbero in ordine. La nuova comandante, Pia Klemp, bolla la decisione maltese come «bullismo contro le organizzazioni di salvataggio». Da Malta decollano anche le forze aeree dei talebani dell'accoglienza. L'associazione no profit «Pilotes Volontaires» fondata a Chamonix ha messo in campo un piccolo aeroplano svizzero Colibrì. Un paio di piloti francesi pattugliano il Mediterraneo dal cielo verso la Libia per avvistare i barconi dei migranti. Poi lanciano l'allarme al centro di soccorso di Roma, per coinvolgere l'Italia e passano le segnalazioni alle navi delle Ong in zona.
L'ammiraglia dei pasdaran umanitari è Aquarius salpata ieri dal porto di Marsiglia. «Oggi, con pochissime navi delle Ong rimaste in mare e nessun meccanismo dedicato di ricerca e soccorso messo in atto dagli Stati europei, l'assistenza umanitaria è necessaria più che mai», sostiene Aloys Vimard, coordinatore di MSF sull'Aquarius. I 35 uomini a bordo, che possono accogliere fino a 500 migranti, hanno stilato un proclama kamikaze. Al primo punto si ribadisce che «Aquarius continuerà a soccorrere persone in difficoltà nel pieno rispetto del diritto marittimo». Non nel rispetto del codice per le Ong dell'ex ministro dell'Interno Minniti, che Msf si è sempre rifiutata di firmare. I pasdaran umanitari sostengono che «Aquarius rispetterà ordini di non-intervento solo se saranno dispiegate altre navi per assistere le persone in difficoltà e portarle in un porto sicuro». In pratica non accetteranno il coordinamento delle operazioni della Guardia costiera libica neanche se richiesto dalla Centrale di soccorso di Roma, come è già accaduto. Ovviamente Aquarius «sarà costretta a rifiutare qualunque ordine da parte delle autorità marittime di sbarcare in Libia le persone soccorse in mare o di trasferirle su qualunque altra nave che le porterebbe in Libia». Una specie di dichiarazione di «guerra», che provocherà solo incidenti con i libici decisi a far rispettare gli ordini nella loro zona di ricerca e soccorso, che si estende per 90 miglia. L'area di mare dove sta andando ad operare la nave di Msf ed Sos Mediterranee, che si è dotata di «una nuova imbarcazione veloce per garantire soccorsi più efficienti». L'obiettivo è fregare i libici sul tempo nelle battaglie navali che potrebbero scoppiare per il recupero dei migranti in mare.
Ieri la Guardia costiera di Tripoli ha intercettato 570 migranti e il giorno prima oltre 600. I trafficanti, grazie al mare calmo, cercano di rompere il «blocco» lanciando sempre più gommoni.
In soccorso stanno arrivando Open arms e Aquarius con Msf che ricorda con orgoglio come la nave abbia assistito nel corso degli anni oltre 29mila persone poi sbarcate in Italia. Il ministro dell'Interno Matteo Salvini mette le mani avanti: «Vedo che qualche Ong sta tornando in Libia: sappiano che i porti italiani non sono a loro disposizione».
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